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cultura dell'immagine e della parola

Lost:
naufraghi e pirati

Pubblicità. Nonostante la moltiplicazione dei mezzi e dei messaggi, siamo sempre abituati a pensare che la pubblicità sia soprattutto televisiva. Lì c’è il vero business, lì ci sono gli argomenti che noi di Hideout amiamo trattare.
Va da sé, e chiunque abbia visto una puntata di Mad Men sa che in effetti la pubblicità è nata ben prima del boom della tv, ma ormai ci confrontiamo principalmente su questo canale.

Quello che spesso dimentichiamo è che gli stessi mezzi, in questo caso la televisione, fanno pubblicità a se stessi. Si crea così un nuovo linguaggio, uno spot nello spot, che trasforma la relazione stessa con il medium in un rapporto duraturo nel tempo. I promo dei programmi tv servono a questo: informano il pubblico e lo tengono legato alla programmazione, al mezzo, sollecitando contemporaneamente un maggiore interesse da parte degli inserzionisti.

Ma nella nostra era “multimediale” non basta più avvisare il proprio pubblico (magari già fidelizzato) su cosa succederà nei palinsesti nel giro di 7 giorni. Quello che serve è creare hype, ovvero attesa spasmodica per un evento. Grazie alla hype si generano miti, si promettono grandi ascolti e gli inserzionisti acquistano a cifre da capogiro.

Si pensi al grande interesse sulle serie Tv. Ci sono serial amati a tal punto che la hype non va nemmeno creata, ma solo assecondata. Per farlo però la Tv non basta e bisogna far sì che non si parli d’altro: video virali, pagine di Facebook, miniserie per il web, blog, insomma tutto quello che i new media hanno di meglio da offrire. E il pubblico “internettaro” ci va a nozze. Nerd, geek, internet addicted, considerano la Tv “giurassica”, ma da brave pecorelle smarrite, ritornano nel gregge dell’audience se a dirglielo è la rete. Ecco per il grande evento dell’ultima stagione di Lost è sceso in campo il nerd dei naufraghi più famosi della Tv con degli spot virali che hanno fatto il giro del mondo.

Hugo Reyes, detto Hurley, l’attore Jorge Garcia, ha quindi accettato di diventare il volto dei teaser di Lost, giocando col suo personaggio e promuovendo un ristorante che non c’è. Un esperimento interessante e divertente, sebbene non nuovo, anche se efficace. D’altronde il creatore J.J. Abrams è stato uno dei pionieri del web advertising, già dai tempi di Alias, e aveva già promosso Lost: Missing Pieces, ovvero 13 mobisode (episodi per il telefonino) di breve durata (circa 3 minuti) ognuno dedicato all’approfondimento di un personaggio.

Sono stati sviluppati, in parallelo a Lost, anche tre diversi “Alternate Reality Games” vale a dire un particolare tipo di gioco on line, destinato a rivelare indizi sulle stagioni seguenti e a fornire un’espansione dell’universo della serie, al di fuori della storia rivelata negli episodi: si tratta di The Lost Experience, Find 815 e Dharma Initiative Recruiting Project.
Insomma una vera e propria produzione massiccia di contenuti, atta solo a creare maggiore tensione narrativa e ad accalappiare il popolo della rete.
Funziona? I numeri parlano chiaro. Lost è una delle serie più viste nel mondo e, sebbene molto scaricata, produce introiti pubblicitari consistenti. Allora perché allarmarsi a causa di quei temuti “pirati” che seguono la serie ma non si sognerebbero mai di guardarla durante la messa in onda ufficiale? In fondo non sono proprio loro i destinatari numero uno dei teaser on line?
Non sarà che sono proprio loro a creare spontaneamente hype e passaparola positivo?

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