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Zdenek
dei miracoli

Zdenekdei miracoli

Ha l’occhio che pare sempre guardare oltre, lontano, avanti. Come le sue squadre, costruite proprio con quell’idea fissa: andare avanti. Comunque, a discapito delle conseguenze. Zdenek Zeman è così, con la sigaretta tra le labbra, quasi una scusa per farci credere che ha la bocca impegnata in altre faccende per parlare. Perché il boemo di nascita ma pugliese d’adozione sa che quando parla, ci si aspetta sempre qualcosa da lui. Forse è proprio per questo che si contiene: perché le sue sono parole potenti, capaci di costruire squadre e demolire quello che non va (come le farmacie del calcio). Zeman è molto di più di quello che il documentario Zemanlandia mostri. Ma il cinema è metonimia e allora accontentiamoci di vedere la parte di Zdenek che ha segnato l’inizio della sua salita nel calcio che conta, quel Foggia dei miracoli nato da un centro d’allenamento peggiore persino di tanti oratori di provincia tirati su con quattro soldi nelle nostre città. Una squadra costruita sulla filosofia dei gradoni, simbolo degli esercizi fisici massacranti cui vengono sopposti i suoi uomini. Certo il 4-3-3 sarebbe solo un insieme di numeri inutili, se non ci fossero il ciuffo biondo e le giocate supersoniche di Beppe Signori, le incursioni di Rambaudi e la fatica di Di Biagio, ma a Zemanlandia contano persino i cross di Codispoti, uno che – come tanti altri – senza il maestro di Praga difficilmente avrebbe ben figurato in serie A.

Il documentario di Giuseppe Sansonna racconta quel momento magico rossonero della carriera di Zeman e lo fa seguendo una narrazione classica, senza particolari espedienti narrativi o ricostruzioni di fiction, ma pescando dall’archivio immagini dell’epoca. La voce narrante è alternata a quella dei giocatori protagonisti e, soprattutto, ai siparietti tra l’allenatore e il presidente, don Pasquale Casillo, due che sembrano messi insieme apposta per generare l’effetto tipico del comico e della spalla. «Mi piaceva vedere quello che succedeva intorno a me. E succedeva sempre qualcosa» racconta Zeman. Infatti emerge attorno al Foggia un mondo che vede il calcio come religione, come superstizione, come macchina da soldi, come intrigo. Vengono tratteggiati i caratteri caricaturali dei cronisti di provincia, in bilico tra cadute nel trash e ruolo di cantori di un’epica. Scopriamo persino che una volta mister Zdenek si sedette a un tavolo per cenare con Luciano Moggi.

Nel documentario mancano lo Zeman della Capitale vissuta su entrambe le sponde (biancoceleste e giallorossa) del Tevere; quello del Lecce di Vucinic e Bojinov; quello che si interroga sullo sviluppo fisico di Del Piero e Vialli; quello disorientato di Napoli, Brescia, Fenerbahce e Stella Rossa, dove non è più riuscito a far magie; quello delle massime filosofiche (scopritele sul suo sito) che lo hanno resto cult. Ma da Zemanlandia emergono comunque il suo spirito, i suoi principi e il suo modo d’essere. Per Zdenek la vita sembra una partita a carte, nella quale si può rischiare di vincere o di perdere tutto, senza mezze misure. Vedere questo film, però, non è facile. E’ stato trasmesso da ESPN Classic ed è stato presentato in alcuni festival. La distribuzione in dvd, invece, è stata annunciata ma – a quanto pare – non ancora realizzata (se ne discute anche sul suo forum). E’ fuori dal giro come Zeman? Dove è finita oggi Zemanlandia? E’ sparita come Atlantide. Con i suoi tesori. Ma il mistero che si nasconde dietro questa storia è più brutto: Casillo rivela di aver avuto la promessa di una salvezza se non avesse richiamato il boemo ad Avellino. Lui non si piegò e fu serie C. E perché oggi non lavora più? Prova a rispondere direttamente il boemo: «Si vede che non c’è bisogno di allenatori».

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