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L’onore
e il rispetto


La seconda stagione della più nota fiction di Canale 5 si è conclusa da poche ore. A caldo, parlerei di un successo imprevisto e soprattutto di una imprevista capacità di attrarre spettatori solitamente indifferenti alla serialità televisiva. Ovviamente parlo per me, per natura allergico al serial, al fumettone, ai cast di bellocci da rotocalco e alle vicende dal finale telefonato. Allargando un po’ il discorso, si può dire L’onore e il rispetto ha suscitato nel pubblico un entusiasmo paragonabile solo a quello della Piovra con Michele Placido. Nei martedì sera di tutto settembre, il tema musicale strappalacrime che trapelava dalle finestre di tutti i tinelli ha fatto da colonna sonora per l’abitudinaria passeggiata verso il distributore automatico di sigarette. Un risultato che, prima, era monopolio esclusivo del vocione di Bruno Pizzul in occasione della fase finale dei mondiali. Addirittura, il bar “della Champions League” del mio quartiere è stato teatro di una visione sociale dell’ultima puntata, con i bulletti della Comasina che durante la pubblicità si scambiavano la suoneria e provavano movenze e voce imperiosa del “role model” Tonio Fortebracci.

Se la prima serie doveva essere un’opera a sé stante (lo dimostra l’escamotage del giubbotto antiproiettile che salverebbe il protagonista da uno scontro a fuoco letale – ingombrante come un materasso a due piazze, ma che inspiegabilmente non intacca l’eleganza da immobiliarista in carriera di Gabriel Garko – anche perchè nella scena originale non lo indossava!), il finale della seconda rende indispensabile la messa in cantiere della terza (si girerà a giugno 2010), col Fortebracci tenuto in vita da una maschera a ossigeno e con una vendetta ancora da compiere. La stagione che doveva sancire l’ascesa del protagonista ai più alti vertici della criminalità si conclude con un nulla di fatto. Come L’Impero colpisce ancora, se vi piacciono i paragoni cinefili. Ma a cosa è dovuto questo successo contro il quale tutti i direttori di rete concorrenti stanno imprecando? Se L’onore e il rispetto fosse la consueta fiction Mediaset, fatta di amori impossibili fra figuranti in costume o medici in famiglia in interni cartonati, di certo non sprecherei tempo per scriverne, passerebbe sotto silenzio e resterebbe negli archivi solo per una eventuale replica delle due del pomeriggio a cavallo di Ferragosto. Roba da pausa sigaretta fra il bucato e i piatti della casalinga di Voghera. Invece la serie diretta dal compianto Salvatore Samperi (uno dei pochi ad aver dato una mano di dignità cinematografica all’epoca delle “dottoresse” e delle “liceali”) presenta degli aspetti assolutamente peculiari, nel loro essere spesso anacronistici.

Innanzitutto un ripescaggio delle tematiche e del verismo violento della stagione dei poliziotteschi: non c’è il classico dualismo buono-cattivo (i personaggi sono tutti moralmente sfumati, seppur con schemi comportamentali rozzi, scolpiti nella pietra). Un ritmo secco e concitato che propone a getto continuo colpi di scena, sviluppi inaspettati della trama (intricata, ma comprensibile anche a chi si fosse perso qualche passaggio) e decessi di personaggi di primo piano – un modus operandi suicida in prodotti di questo tipo, nei quali lo scorrere degli eventi viene quasi sempre dilatato all’infinito, puntando all’ottenimento del massimo della durata col minimo sforzo (quale pazzo avrebbe fatto morire Giancarlo Giannini alla seconda puntata?). Un’atmosfera a metà fra il romanzo d’appendice popolare e la sceneggiata napoletana di Mario Merola, con personaggi ossessionati dall’onore fino all’autolesionismo, camere ardenti granguignolesche con salme in bella vista su sfondo di velluti scarlatti, riconoscimenti di cadaveri mangiucchiati dai pesci, rapporti sessuali sempre al limite della violenza carnale, preparazioni per le “rese dei conti” gotiche come solo le cerimonie di vestizione dei toreri, incesti fratello-sorella, fiumi di sangue, traditori in ginocchio, primi piani di siringhe che bucano le carni (la scena in cui Ben Gazzara-Don Fred Di Venanzio si inietta la morfina è da antologia, solo Tarantino ha osato tanto).
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Aggiungiamo qualche riferimento alla letteratura hard boiled: dark ladies senza scrupoli che dominano la scena, tutti gli attori che fanno fuori almeno un pacchetto di Marlboro a puntata, prima si spara e poi ci si chiarisce. Su tutto, la mascella fremente di Tonio Fortebracci, una maschera imperturbabile, sia quando architetta un ricatto con prostitute minorenni, sia quando seduce l’ingenua zoppetta per fare uno sgarbo al padre di lei, sia quando prova l’espressione da padrino davanti allo specchio. Una menzione particolare, infine, va alla sceneggiatura: opera di una coppia di autori abituati a muoversi sull’incerto confine tra spazzatura e nazionalpopolare. Uno è Luigi Montefiori aka George Eastman, già attore in innumerevoli produzioni di serie z (Emanuelle e Françoise le sorelline, Sangue di sbirro, Antropophagus, Bordella) e autore delle sceneggiature di immortali monumenti del trash quali Le notti erotiche dei morti viventi, Canne mozze e Le evase – storie di sesso e di violenze, oltre che di banali serie di successo quali Il maresciallo Rocca. L’altro è Teodosio Losito, il cui nome è già nella storia per aver scritto il terrificante Passo a due, con protagonista il ballerino albanese Kledi Kadiu, oltre a serie rassicuranti e prive di rischio come Il bello delle donne. Solo un tale pool di cervelli poteva dare vita a una storia di lupare e stupri come questa.

Avrete capito che le motivazioni che mi hanno spinto a seguire quasi tutte le puntate di questa serie sono ben diverse da quelle dello spettatore medio, ipnotizzato dagli occhi di ghiaccio di Garko (“tonio nn puoi morire”, “si bell pur quann chiagn ammor mi si tropp bell”, “Marò tonio komm si frisk”, “maròòò toniooo e k t facess hihihihihihihihihihi”, scrivone le ingrifatissime, sgrammaticatissime fan sulla pagina di Facebook dedicata a Tonio Fortebracci). Per quanto mi riguarda, riassumo il tutto con l’espressione “sangue e merda”: materia rara per il prime time italico, abituato a vietare la messa in onda di Full Metal Jacket e ad ingannare la disabile di turno promettendo fugaci incontri con I Cesaroni. E allora ben venga questo ammiccante sfoggio di macelleria.

CURIOSITÀ
Su YouTube trovate entrambe le serie suddivise in spezzoni da dieci minuti. Qui sotto vi segnaliamo il link al primo spezzone della prima puntata della prima serie (da lì trovate tutti gli altri).

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