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cultura dell'immagine e della parola

Aspetta e spera
Venezia – 4 settembre

Eva Mendes durante il photoshoot di Bad Liutenant: Port of Call New OrleansCurioso come, a volte, alcune parole vengano sentite più volte in un breve lasso di tempo. Una coincidenza che fa pensare quando la parola è “zoom”. Durante una delle mie file (quest’anno solitarie) in attesa di entrare a Lourdes della Hausner (mica male il film) le mie orecchie si intromettono in una chiacchierata tra spettatori appena usciti dal film di Maselli, Ombre rosse (che non ho visto). Uno dei due fa all’altro: «Un film pessimo, recitato male e girato peggio, c’erano certi zoom che sembrava un film porno». La perplessità mi ha giustamente portato a riflettere e così ho chiesto info sul film, che anche altri mi hanno raccontato con non poche incazzature, senza fare riferimento, però, al caro zoom.

Caso vuole che in Lourdes ci siano due, forse tre zoom. E tutto il film sembra essere costruito con un certo rigore formale e pure le inquadrature sembrano ricercare un certo senso artistico, fisso, statico. Non so perché ma dopo quella chiacchierata rubata in coda, quei due o tre zoom mi sono parsi più significativi. Resta il fatto che Lourdes si presta per far discutere, e questo è già un buon punto di partenza per un film. Sia per come rappresenta la realtà, sia per come rappresenta l’irrappresentabile, cioè un miracolo, sia, infine, per come mette in scena la preghiera, la ricerca del senso perduto, l’invidia, la gelosia. Lourdes è un film, piccolo e con tanti limiti certo, ma che con semplicità e con uno sguardo ricercato e inseguito, offre la possibilità allo spettatore di scagliarsi contro il grottesco di certe forme di sacralità profana (il lato commerciale di un luogo sacro) e il sacro di certe forme di spiritualità (il lato umano e divino di un luogo sacro).

Intanto, mi pare evidente, la provocazione lanciata da Nasrallah sul politico e sul sociale, contagia tanti altri film, come ad esempio, Desert Flower di Sherry Hormann (che affronta un argomento delicato come quello delle mutilazioni in Africa) e come pure gli altri due film in concorso, Prince of Tears di Yonfan e Bad Liutenant: Port of Call New Orleans di Herzog. Solo affascinante il primo (melodramma su Taiwan negli anni Cinquanta), travolgente il secondo. E divertente. Anche nel suo essere politico visto che Herzog ambienta la vicenda a New Orleans, poco dopo l’uragano Cathrina, e visto che l’umanità profilata dal regista appare deviata e squilibrata.
Avrei voluto fare uno foto, zoommata, a Eva Mendes. Ma sta volta mi è andata male…
C’è in programma un film a sorpresa. Aspetta e spera…

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