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cultura dell'immagine e della parola

Cannes Lions 2009
Quinto giorno

La vita a Cannes scorre serena, animata dall’attesa per le shortlist e i premi, ma sostanzialmente tranquilla e cadenzata da appuntamenti e ritmi prefissati.
Con mio grande disappunto, il Grand Prix della categoria Press è stato assegnato alla campagna Dakota per Wranglers. Una serie di ragazze, fotografate in diverse ambientazioni, si atteggiano a belve della foresta e il pay off ammicca al fatto che “We all are animals”. Da quanto ho visto, non mi è sembrata la campagna più meritevole del prezioso premio, ma, forse la giuria ha apprezzato maggiormente qualche elemento che a me, sinceramente, è sfuggito.
Nella categoria Design Lions, invece, il Grand Prix è stato vinto dalla campagna Paper Battlefield per Nike Hong Kong. L’idea di sfida e competizione sono state letterlamente tradotte in 350 poster, ognuno rappresentante una diversa qualità, che sono stati realizzati in prima persona dagli atleti che hanno partecipato al progetto.

Nei Cyber Lions, infine, i Grand Prix sono stati addirittura tre: The Best Job in the World, che ha battuto ogni record aggiudicandosi ben tre Grand Prix in totale; Eco:Drive un software per la sicurezza stradale realizzato da Akqa London per Fiat; e Why so serious? per il lancio cinematografico del film The Dark Knight.
I giovani italiani si sono distinti proprio in quest’ultima categoria, nella gara a loro riservata. Massimiliano Bibbo di Leo Burnett Milano e e Antonio di Battista per Saatchi & Saatchi Roma hanno vinto la competizione grazie a un’applicazione simpatica ed efficace che fa pensare alla necessità di agire ora e subito per la salvezza del nostro pianeta.

A Cannes si può anche imparare che una campagna pubblicitaria può creare il brand attualmente più popolare e memorabile degli Stati Uniti: il Presidente Barak Obama. È questa l’affermazione ad effetto con la quale si è presentato David Plouffe, chief campaign manager for Obamàs 2008 presidential campaign. Il segreto del successo è stato uno solo: far parlare le persone tra loro. L’effetto è destinato ad aumentare vorticosamente nel tempo, perchè in un epoca dove ci si fida sempre di meno dei media tradizionali, la fiducia ricade su chi ci sta vicino. Se sono i nostri amici a dirci: “Vota per Obama”, probabilmente il candidato avrà più chance di ottenere la nostra preferenza. Un altro aspetto del tutto innovativo è stata l’abolizione degli stessi filtri mediatici. La comunicazione tra il futuro presidente, il suo staff e gli elettori è stata diretta, grazie agli strumenti digitali. Un dialogo che non si è concluso con l’elezione, ma continua ancora a coinvolgere un numero crescente di supporters.
Dunque, la campagna è partita da una strategia e da un messaggio ben chiaro, che hanno potuto essere trasferiti alle persone tramite i mezzi digitali e il carisma e la credibilità del candidato. Vedremo qualcosa di simile anche in Italia? Speriamo. Per il momento sembra di no.

Infine, affidandomi ai rumors positivi del Palais, mi sono lasciata convincere ad andare al seminario Saatchi & Saatchi dove, in teoria, sarebbero stati esposti i lavori migliori dei più promettenti creativi dell’agenzia. Eccetto qualche raro caso, il trend è parso una costante ricerca dell’assurdo innovativo, con sfumature tendenti all’angoscioso e al rivoltante. Se, per la categoria degli spot, si è notato qualche progetto riuscito, la parte dei videoclip è risultata la più difficile da comprendere, almeno per noi profani.
Che, in certi casi, la presenza di un committente (azienda), renda più comprensibile l’arte?

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