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Mi chiamo Tank, risolvo problemi

Mi chiamo Tank, risolvo problemi

Una commedia politicamente scorretta, sul filone dei fratelli Farrelly, degli American Pie e di Sex and the City, ma allo stesso tempo una commedia di costume, che racconta storie quotidiane, in cui il pubblico americano d’oggi, possa rispecchiarsi. Se il primo aspetto non merita grande attenzione, ormai il gioco alla volgarità gratuita ha stufato e i Farrelly sono ben lontani dall’essere raggiunti, sul secondo vale la pena soffermarsi. Il difficile punto di equilibrio, cercato dagli sceneggiatori, è quello di essere sì triviali, ma rimanendo nei limiti di quella che è la scurrilità dei discorsi di tutti i giorni, tra amici che parlano di donne e, perché no, tra rappresentanti di quello che una volta era considerato il gentil sesso mentre valutano i maschietti.

La parola romanticismo sembra bandita, nella prima metà del film, come il pallido ricordo di commedie antidiluviane. I personaggi inseguono il disimpegno, intendono solo darsi alla pazza gioia in storie di solo sesso senza coinvolgimento emotivo, nessuno sembra avere la minima intenzione di innamorarsi. Anche in questo aspetto il film vuole porsi sul filone del politicamente scorretto rispetto alla tradizione della commedia romantica, ma, come si è detto, senza offrire nulla di originale, e fare da specchio della società borghese di giovani uomini e donne in carriera. Ma ecco che, colpo di scena, l’amore sboccia inaspettato, e trionfa su tutto in un mieloso happy end. Poco convincente di sicuro, ma è lo stratagemma giusto per dare una svolta al film, basandosi sull’effetto sorpresa, e forse rientrare nel politicamente corretto. La coppia che si crea è quanto di più improbabile, ma si sa che gli opposti si attraggono.

Jason Biggs viene direttamente dagli American Pie, e si può considerare un’icona di un certo tipo di commedia giovanilistica, per la quale ha assunto lo stereotipo del “bravo ragazzo”. Difficile che qualcuno se lo ricordi per la sua (accidentale?) partecipazione a Anything Else (id., Woody Allen, 2003). A regalare qualche emozione è un redivivo Alec Baldwin che interpreta il professore sventrapapere, degno padre di Tank. Peccato che sia stato relegato a un ruolo così marginale, avrebbe potuto da solo reggere l’intero film. Ma in effetti è meglio non far ricadere sui padri le colpe dei figli.

Curiosità
Il titolo del film è preso dall’omonimo titolo di una canzone di fine anni Settanta del gruppo The Cars, che si sente nel film.

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