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cultura dell'immagine e della parola

Miss Dior Cherie
L’Eau

In primavera, Dior lancia Miss Dior Cherie-L’Eau, arricchendo la linea dedicata con una settima referenza. Non posso trattenermi dal commentare lo spot in onda da qualche settimana. Un capolavoro come solo ci si poteva aspettare da Sofia Coppola, che in un distillato di immagini tenui e colori pastello mostra Parigi come Parigi vorrebbe si parlasse di lei: luce e amore, freschezza e sogno.

Inseguiamo un’eterea biondina, dall’espressione sbarazzina, lungo una giornata che si srotola veloce sulle note di Moi Je Joue, voce di Brigitte Bardot e ritmi di un Sessanta spensierato e giocoso. La Maison Dior, place de Vosges, un fiorista sulla rive Gauche e una tappa golosa in una patisserie. Un bacio al fidanzato e la partenza verso il cielo, aggrappata ad un nugolo di palloncini. Una rêverie, e non uno spot, un gioco di immagini e note e colori che ci rendono dimentichi del lato commerciale del video salvo insinuare un unico desiderio: “Anche io!”.

Ed è così che, probabilmente, non potendo disporre in modo immediato di Parigi e delle sue bellezze, può accadare di credere che, per avere almeno una parte di sogno, sia necessario acquistare Miss Dior Cherie-L’Eau.

Sono molti i commenti positivi espressi su questo lavoro di Sofia Coppola. Quello che preferisco, la cui fonte è Sandfashionblog.blogspot.com, ne parla paragonandolo ad una spruzzata di profumo. Nulla di più vero: impalpabile, eppure intenso.
Non voglio prolungarmi nel panegirico, ma desidero offrire una prospettiva diversa, fornendo un commento su eventi paralleli eppure connessi a questo commercial.

La pubblicità parla di se stessa. Ho in mano un noto settimanale, ne sfoglio le ultime pagine dedicate al mondo “Beauty”. Come spesso accade, si parla anche di profumi. Mi stupisco nell’accorgermi che il pezzo su Miss Dior Cherie-L’Eau parla solo della pubblicità. A partire dal titolo, “Zucchero Fil(m)ato”, si capisce già dall’occhiello che l’intero trafiletto, così come le immagini corredate, parlano dell’idea creativa e della successiva realizzazione dello spot. Una lettura certamente interessante, specie per la sottoscritta, ma: 1) siamo nella redazione Bellezza, 2) si approfondisce molto poco circa il prodotto. Che quanto millantato da Baudrillard fosse vero? La comunicazione pubblicitaria è davvero autoriferita e opera attraverso un gioco di rimandi interni che astrae dalla realtà del prodotto e che lo taglia sempre più fuori? Nessun allarmismo da parte mia, l’articolo è interessante e l’ho letto con piacere, specie perchè anticipa altri contenuti di comunicazione della strategia di lancio. Con buona pace dei sacri testi della sociologia che però non smettono mai di fornire spunti di riflessione.

Il sito web, considerazione sulla pagina del prodotto. Nel caso di Dior, la storia della maison parla da sé. Navigo il sito specificatamente dedicato alla divisione Beauty e mi rendo conto che le pagine web sono molto “pulite” e che forniscono solo i contenuti essenziali. Come mi aspettavo, dato il settore del prodotto, fortemente effimero – non a caso i profumi sono… volatili -, la presentazione di Miss Dior Cherie-L’Eau è costruita sulla sola forza delle parole. “Sorridente”, “Sbarazzino”, “Disinvoltura”, “Risveglio dei sensi”, “Fresco”, “Goloso”, “Luminoso”, “Spontaneo”. Tutto parla di primavera e giovinezza, come in effetti il target del prodotto richiede. Il profumo viene presentato con le parole “maestro” profumiere artefice della fragranza, e sono infatti virgolettate. Le immagini del prodotto sono solo due, appunto le due confezioni ad oggi in commercio.
Il problema? Il testo, dai toni sognanti, è pieno di ripetizioni. Solo una lettura veloce e disattenta può non renderlo evidente. In tutti gli altri casi, è la consapevolezza di un attimo: la magia si spegne e “l’esperienza Dior” perde automaticamente valore.

[img4]Il sito web, homepage. Dalla lettura dell’articolo cartaceo digito il link indicato, scorro il menù ed entro nella pagina del prodotto. L’articolo letto suggeriva di navigare la pagina perché lì avremmo trovato il backstage del video ed altre curiosità. Non è vero: la pagina di prodotto non contiene nulla di tutto ciò. Peggio ancora, l’unico video di backstage presente in Dior Cherie non riferisce a “L’Eau”, ma ad un’altra referenza. Trovo in modo fortuito quanto suggerito dall’articolo perché rimango un attimo di più sulla homepage, dove si susseguono a rotazione delle pagine temporanee sulle novità di prodotto. Appare il frame di Miss Dior Cherie-L’Eau, non esito a cliccare e, finalmente, entro nello spazio dedicato, ritrovandovi quanto promesso. Resta l’idea che la maison dovrebbe seguire con maggiore attenzione i propri redazionali in uscita per non generare contenuti incoerenti.

Il sito web, il libro pop-up. Ormai nella sezione corretta, accedo al libro pop up di cui si è anticipato nell’articolo. Il risultato è nel complesso un po’ lezioso, ma, onore al merito, la grafica, le animazioni e i contenuti sono davvero degni di nota. Lo stesso format non è scontato: il libro riprodotto e uno di quelli in 3D dal sapore vintage, come oggi non se ne trovano più. Ad ogni pagina emergono profili di scenari e personaggi e in ogni quadro è possibile approfondire o visionare ulteriori contenuti. Un esempio tra tutti: la possibilità di scaricare in modo immediato la versione integrale della canzone dello spot. “Moi, je joue/Moi, je joue à joue contre joue…”. E l’esperienza Dior continua, sempre passibile di un riascolto.

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