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cultura dell'immagine e della parola

Nascondiglio alla Croisette 2009

Una schiera di fotografi sul red carpet della Croisette“Be’, l’architettura è molto coerente: il neoclassico ibridato con lo spagnolo, ibridato con il Tudor, ibridato col giapponese.”, questa battuta di Woody Allen, riferita a Beverly Hills, potrebbe benissimo applicarsi alla lunga sfilza di grandi alberghi che si affacciano sulla Croisette di Cannes. E in effetti la città simbolo della Costa Azzurra, dove fu girato Caccia al ladro, potrebbe benissimo essere una città californiana: lunghe file di palme altissime, yacht lussuosissimi, limousine a 40 posti che vanno a passo d’uomo tra la folla che cerca di capire chi siano i passeggeri (quasi sempre personaggi anonimi), passerelle di star come nella notte degli oscar, impronte di grandi attori e registi proprio come nel marciapiedi del Sunset boulevard. Per la verità, la pratica delle impronte è caduta in disuso sulla Croisette, forse era troppo pacchiana, e quelle residue, che non sono state coperte o rimosse dai lavori di ampliamento del Gran Palais, si possono ancora calpestare qua e là, facendo la fila per vedere i film. Quest’anno manca anche la grande immagine di Ingrid Betancourt che fortunatamente è stata liberata.

Un altro oggetto di analisi antropologica sono tutti quei trogloditi in abito da sera che affollano le proiezioni serali e notturne. Un giornalista li paragona alle corti craxiane degli anni Ottanta, ma c’è una profonda differenza perchè a un congresso del PSI dell’epoca, non essendo stati ancora inventati i cellulari che fanno le foto, non sarebbe stata possibile la situazione che si verifica puntualmente all’ingresso delle sale: ci si blocca ogni minuto perché tutti, ma proprio tutti, si devono immortalare in smoking sulla passerella di Cannes. Per sfuggire a cotanta folla, ci si può rifugiare invece nel Palais, dopo i controlli e le perquisizioni di rito che quest’anno sono più blande. Grandi cose si possono fare qui dentro come bere un caffé gratis, scegliendolo tra una lista infinita di varietà dai nomi improbabili come Roma, Capriccio, Soave. A servirlo sono delle hostess decisamente notevoli, che riescono a farti apprezzare anche certe brodaglie che i francesi possono accettare come caffé.

E il buon cinema? E’ ancora di casa qui a Cannes? Assolutamente sì! Una volta dimenticata la bolgia, le file chilometriche, le limousine altrettanto chilometriche, non si può che constatare come la proposta del festival di quest’anno sia superlativa. E la citazione iniziale di Woody Allen è valida, e in positivo, anche in questo caso. Tante opere di altissimo livello, pur diversissime tra loro. Ci sono Haneke e Johnnie To, Sam Raimi e Ken Loach, Tarantino e Loach, Gilliam e Almodovar. E poi c’è la Quinzaine con autori molto importanti ma sconosciuti ai più, Pedro Costa, Luc Moullet, Naomi Kawase, che si apre però, quasi provocatoriamente con un film di Coppola, la cui collocazione naturale sarebbe stato il concorso. Una vera manna per cinefili di tutti i gusti, dunque. Spiace doverlo dire, ma quest’anno Venezia rimane a bocca asciutta.

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