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Coitus interruptus

L’attore e sceneggiatore Clark Gregg dev’essere un uomo che non teme le sfide. Per il suo debutto come regista ha infatti scelto di portare sul grande schermo Soffocare, il famoso romanzo di Chuck Palahniuk, trovandosi costretto ad affrontare tre diversi tipi di spettatori.
In primis i fans di Palahniuk, solitamente sfegatati e appassionatissimi, probabilmente i più agguerriti. Lo scrittore di Portland ha infatti un pubblico fedele che attende con ansia l’uscita dei suoi romanzi, neanche fossero delle droghe e la libreria il mercato dello spaccio. Del resto è comprensibile che i suoi libri creino dipendenza: sono storie ai limiti della realtà, eppure verosimili. Libere da freni inibitori e capaci di raccontare con estrema naturalezza le porcherie più impensabili. Proprio questa perversione espressa in maniera così semplice affascina e stuzzica il lettore. Così, benché gli ultimi romanzi non possano essere considerati all’altezza dei primi per carica creativa e trovate geniali, il fan, ormai dipendente, spera sempre in una nuova dose.
Come secondi, ma non meno difficili da accontentare, vi sono gli adoratori del film tratto da Fight Club, primo romanzo di Palahniuk. La pellicola, diretta da David Fincher, con Brad Pitt e Edward Norton, nonostante un iniziale fiasco è diventata un vero e proprio cult. Si tratta del resto di un cocktail dagli elementi micidiali: una storia simbolo dell’irriverente filosofia nichilista di Palahniuk, ricca di geniali colpi di scena, interpretata da attori impeccabili e la cui sceneggiatura è stata pienamente approvata dallo stesso scrittore, che addirittura ne ha apprezzato il cambiamento del finale. Senza dubbio un pericoloso termine di confronto per il neo regista alle prese con Soffocare.
E per finire quella parte di pubblico che non idolatra lo scrittore di Portland e magari non ha nemmeno mai visto Fight Club, che senza sapere tutti i retroscena va al cinema priva di pregiudizi sperando semplicemente di vedere un bel film. Questi ultimi spettatori saranno senza dubbio i più soddisfatti.

Già dalla locandina è chiaro l’intento dilettevole: il film si propone come “una commedia satirico psicotica di una mente lussuriosa” e senza dubbio raggiunge l’obiettivo.
Il regista opta per un taglio semplice, glissa con nonchalance sulle riflessioni più impegnative e si concentra sul divertisment. Buona la scelta degli attori, primo tra tutti Sam Rockwell, perfetto nel ruolo del protagonista Victor Mancini, squattrinato trentenne sesso dipendente, mezzo mascalzone e mezzo ragazzo dal cuore d’oro, che come lavoro si fa salvare la vita nei ristoranti fingendo di soffocare per poi sfruttare economicamente gli ignari salvatori e per passatempo guarda le persone immaginandosele nude. La trama è coerente, ben organizzata, ricca di situazioni esilaranti frutto anche dell’inventiva del regista. Ma si tratta di forma a cui manca sostanza: per quanto il film sia una piacevole trasposizione del romanzo, non ne sfrutta le reali potenzialità.

Tanto in Fight Club Fincher si addentra nella psicologia dei personaggi e nelle tortuosità della mente umana, sfruttando la voce fuoricampo come amplificatore del pensiero di Palahniuk, tanto Gregg resta superficiale, trascurando risvolti e riflessioni esistenziali e concentrandosi sull’immediatezza della trama.
Chi non conosce i romanzi di Palahniuk e non si arrischia in un confronto con Fight Club, si divertirà senza dubbio e non potrà che apprezzare questo film scanzonato e ben costruito. Per tutti gli altri sarà difficile arrivare al piacere finale. Il che lascia, come è ovvio, un certo senso di insoddisfazione.

Soffocare, romanzo di Chuck Palahniuk, 2001
Soffocare, regia di Clark Gregg, 2008

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