hideout

cultura dell'immagine e della parola

Il consenso si vede dal Mattino (Cinque)


Lo sfondo azzurro, il coro che intona l’Inno alla gioia, la figura del premier che si staglia ieratica sulla folla di fedeli commossi e plaudenti: come prevedibile, il congresso che ha segnato la nascita del Pdl ha comportato un’alluvione televisiva di immagini e parole alla quale nessuno spettatore credo sia riuscito a sottrarsi. Nulla di cui scandalizzarsi, sia chiaro. In fondo si trattava dell’appuntamento più atteso e importante dell’agenda politica di questo periodo, quindi una copertura massiccia era più che giustificata. Okay, forse un minimo spazio a quella minoranza che politicamente la pensa diversamente non sarebbe stato male lasciarlo, ma non è neanche detto che quella minoranza avesse granché da dire. E poi, per quanto riguarda i modi della copertura, ormai ci siamo vaccinati, no? In fondo lo sappiamo che gli eventi legati al Cavaliere alla fine appaiono sempre un po’ sacralizzati. Ma è il suo stile, no? Le belle ragazze in prima fila, il capo che incede con passo regale verso il palco circondato dall’orgasmo collettivo dei fedeli, gli abbracci commossi sul palco: fa tutto parte di una liturgia consolidata. Insomma, non ha alcun senso stupirsi se in chiesa c’è odore d’incenso e il sacerdote indossa i paramenti sacri.

Volendo parlare di strategie mediatiche per la generazione del consenso, i casi interessanti sono ben altri. Mattino Cinque (dal lunedì al venerdì, dalle 8.40 alle 11, Canale 5), ad esempio. Sì, proprio lui, il programma a cavallo tra intrattenimento e Tv di servizio affidato alla competenza giornalistica di Claudio Brachino (scuola Studio Aperto, e si sente) e al magnetismo di Barbara d’Urso (scuola reality, e si sente anche quello). Lì, a essere sinceri, qualche passaggio oscuro ogni tanto si ha l’impressione di intercettarlo. Ma andiamo per ordine. Mi rendo conto di non essere il target per cui il programma è pensato. Ho ventisette anni, istruzione universitaria, lavoro nell’informazione, vivo in una grande metropoli del nord. Non ho controllato l’Audipress, ma metterei la mano sul fuoco che – per collocazione nel palinsesto – il grosso del pubblico di questo format è composto da donne anziane o casalinghe con istruzione media residenti in piccoli centri urbani. Però alle nove meno un quarto faccio colazione, quindi me lo becco lo stesso. E noto una linea editoriale piuttosto curiosa.

Tralasciamo le occasionali cadute di stile, talvolta anche piuttosto stranianti. Mi riferisco ad esempio alla puntata in cui l’ospite era una dolce novantatreenne che stava studiando per prendere la seconda laurea. Come prevedibile, la signora ha sentito il bisogno di manifestare un motto d’affetto per il Cavaliere, immediatamente rintuzzato dalla d’Urso con un ineccepibile:«Ma lo sa che il Presidente spesso alla mattina ci guarda? Perché non gli dice qualcosa?». Sorvolerei anche sui passaggi più marcatamente politici, tipo l’evidente avversione degli opinionisti invitati in trasmissione nei confronti di Antonio Di Pietro (lungi da me l’idea di dipingerlo come una vittima, sia chiaro). Quello che turba di più, in realtà, sono i messaggi sotterranei. In particolare, la costante trattazione di storie di cronaca che hanno come comune denominatore un errore giudiziario. Non posso presentare una casistica documentata, ma il menu di ogni mattina prevede almeno almeno un intervista con un familiare di persona investite da pirati della strada che non sono rimasti più di qualche giorno in carcere o con almeno un bambino allontanato ingiustamente dalla famiglia per un errore dei giudici che ritenevano il padre un molestatore.
[img4]
Tutte storie vere, sulle quali non mi metto certo a questionare. Ma la cadenza con la quale gli autori di Mattino Cinque tendono a occuparsene e il tono utilizzato per presentate, mi fanno sospettare che forse si stia cercando di instillare nelle ascoltatrici, in modo forse un po’ obliquo, un certo senso di diffidenza verso il sistema giudiziario. Che poi è uno dei cavalli d battaglia del nostro premier nonché fondatore di Mediaset. Ecco, ora forse vi state chiedendo il perché di questo articolo. Sto forse lasciandomi andare alla solita lamentazione anti-berlusconiana? Spero di no. In parte volevo segnalarvi questa peculiarità del mattino televisivo, certo. Giusto per provare a spiegare come certi messaggi possano filtrare all’interno del senso comune (vi siete mai chiesti perché vostra nonna, che non ha mai preso nemmeno una multa, provi tanto risentimento nei confronti del Consiglio Superiore della Magistratura?). Ma, almeno in parte, mi sono seduto davanti alla tastiera anche per confessare l’enorme disagio che provo quando mi passano per la testa considerazioni di questo tipo. So che non ci crederete, ma mi sento in colpa per quello che sto scrivendo. Ho l’impressione di essere un demonizzatore, un disfattista, uno “che non vuole bene”, un fazioso. E non importa se sto solo cercando di presentare in modo circostanziato una mia teoria riguardo a quello che vedo in Tv, pubblicandola tra l’altro su un piccolo sito che sicuramente ha poche chance di arrivare al grande pubblico, cercando di mantenere la stessa onestà intellettuale che mi ha fatto scrivere in modo altrettanto critico di Santoro o Celentano, per fare degli esempi. Lo stesso, ho l’impressione che un giorno un portavoce del Pdl stamperà questa pagina e dirà: “ecco qui una prova di come i giornali siano tutti contro di noi”. Credo che questo dimostri che un minimo livello di condizionamento di matrice mediatica esista, e che non sia limitato solamente alle convinzioni in tema di giustizia delle pensionate con istruzione medio-bassa residenti nei piccoli centri urbani del sud Italia.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»