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Intervista a Darren Aronofsky

Vincitore del Leone d’Oro a Venezia, The Wrestler è il quarto film di Darren Aronofsky. Ecco un’intervista in cui il quarantenne regista di New York racconta della produzione e del suo rapporto con Mickey Rourke.

Com’è nata l’idea di fare un film sul wrestling?

Quando mi sono diplomato alla Film School e ho iniziato a pensare di girare dei film, ho fatto una lista delle idee che mi avevano attraversato la mente in quegli anni. Ho sempre pensato che un giorno avrei fatto un film sulla boxe. Ma ne sono già stati fatti molti, mentre nessuno aveva mai pensato seriamente di farne uno sul wrestling. The Wrestler, però, non è solo un film su uno sport o su un atleta. È la storia di Randy the Ram, ma è soprattutto la storia di un uomo. E’ un film drammatico.

Cosa ne pensi del wrestling?

Nel film ci si chiede se il wrestling è un sport vero, oppure no. È chiaramente falso, ma le ferite e i danni che gli atleti riportano sono reali. In ogni caso la realtà che Randy The Ram ama è quella del ring, perché al di fuori del ring la sua vita non funziona. Come wrestler mette un costume, sale sul ring, diventa un personaggio, è combattivo; quando esce dal ring le cose vanno in modo diverso.

The Wrestler è anche una grande prova d’attore per Mickey Rourke…

Sapevo che il progetto avrebbe rappresentato una grande sfida per l’attore che doveva interpretare Randy, che sarebbe stato fisicamente ed emotivamente forte. Per questo avevo bisogno di un attore davvero disposto a sacrificarsi e a trasformarsi nel personaggio. E credo che per entrare nel ruolo Mickey abbia, si, filtrato il personaggio, ma abbia fatto ricorso anche al proprio passato. La gente è abituata a vedere Mickey come una roccia. Mentre in The Wrestler ci sono alcuni momenti in cui se lo guardi negli occhi ti si spezza il cuore. Questo era l’aspetto di Mickey che volevo mostrare.

L’attore è quindi al centro del suo film…

Si, in genere è la storia a dettare quale deve essere la “grammatica” di un film. In questo caso è esattamente il contrario: la storia del film arriva dal mio attore. Il resto è arrivato in seguito. Per esempio la scena iniziale in cui lo vediamo a lungo di spalle… la gente è molto curiosa di vedere com’è Mickey adesso, è incuriosita dal suo ritorno al cinema con un personaggio così importante. E per me questo è stato fondamentale per introdurre il personaggio. Durante le riprese non ho voluto mai frenarlo nella recitazione. Invece di decidere a priori una scena e chiedere all’attore di seguire strettamente le mie indicazioni, ho scelto di essere completamente aperto alle sue proposte. A esser sincero, in alcuni momenti l’ho semplicemente seguito con la macchina da presa. Mickey Rourke è un attore meraviglioso, ed era perfetto per la parte. Ha affrontato il ruolo mettendoci tutto se stesso. Rivedendo il film, non avrei mai potuto avere un attore migliore per questo ruolo.

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