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Intervista a David Fincher

Già regista di piccoli classici degli ultimi vent’anni, come Seven e Fight Club, David Fincher è alla sua settima regia con Il curioso caso di Benjamin Button.

Com’è nata l’idea del film?

Io e gli sceneggiatori abbiamo iniziato a parlare della storia, e un quarto d’ora dopo stavamo chiacchierando delle persone che avevamo amato e che erano morte, di quelle che amavamo ma non ci ricambiavano, di chi desideravamo e di chi ci desiderava. Il film è interessante proprio perché provoca questo effetto su tutti noi.

Com’è stato coinvolto Brad Pitt?

Brad avrebbe accettato il progetto solo se avesse potuto interpretare il personaggio nel corso della sua intera vita. Kathy e Frank erano molto curiosi di vedere come saremmo riusciti a farlo. Io ho detto, ‘Non so come, ma ce la faremo’. Molti attori valutano una parte in base a quello che il loro personaggio fa. Invece Benjamin non fa molto, ma vive momenti incredibili. Brad era la persona perfetta. E’ un ruolo che sarebbe stato passivo in mani meno esperte.

Parlaci del personaggio del tuo film…

Benjamin è come un pallino da biliardo e tutti coloro che incontra lasciano un segno su di lui. Questa è la vita, una collezione di ammaccature e graffi che ti fanno essere quello che sei e nessun altro. Viene da un ambiente in cui la gente ha accettato l’idea della morte, quindi non c’è molto che lo spaventi. Tutti quelli che incontra sono di passaggio; ogni momento trascorso con loro può essere l’ultimo. Eppure nessuna di quelle persone è isterica, tirano avanti. Quindi, fin da giovanissimo, è stato a contatto con gli aspetti più profondi della morte. Arriva per tutti e noi trascorriamo tutta la vita a concentrarci su altre cose per evitare di pensare che è ineluttabile.

C’è qualcosa di autobiografico in Benjamin?

In Benjamin vedo molti aspetti di mio padre. In quanto giornalista e prodotto della Grande Depressione, mio padre era una sorta di stoico, un osservatore; osservava le cose senza giudicarle. Era felice di riconoscere il valore delle persone. E questo è trapelato nelle reazioni di Benjamin, soprattutto nel modo in cui si relazione alla gente, alle situazioni. Lo guardavo e dicevo, ‘Sì, Jack avrebbe fatto questo, si sarebbe comportato così’. In più Mio padre è morto cinque anni fa, e ricordo l’esperienza di essere stato con lui quando ha esalato l’ultimo respiro. Un’esperienza molto profonda. Quando si perde una persona che ha aiutato la tua formazione in tanti modi, che è la tua ‘stella polare’, perdi il punto di riferimento della tua vita. Non cerchi più di far piacere a qualcuno, non reagisci contro qualcosa. Sei veramente solo.

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