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Il lato oscuro delle cose

Gianrico Carofiglio, magistrato e scrittore barese, è famoso in buona parte del mondo per i suoi legal triller. All’interno di questo filone Il passato è una terra straniera (2004) è un libro che si discosta dagli altri e che ha scatenato reazioni contrastanti tra i fan dello scrittore. Si tratta infatti di un romanzo di formazione che vede come protagonista Giorgio, un giovane laureando in giurisprudenza, la cui vita corre dritta come un treno sulle salde rotaie del bene e del giusto. Eppure basta un soffio di vento (in questo caso impersonificato dal nuovo amico Francesco) per far crollare il meraviglioso palazzo di carte, ed ecco che il ragazzo perfetto inizia inconsapevolmente la sua discesa verso l’abisso più profondo, trascinato dalla stessa forza d’inerzia che inizialmente lo aveva reso lo studente-figlio-fidanzato ideale.
Come accadde a Pinocchio, che venne trasformato in ciuco prima di poter diventare un bambino, anche in questo caso è necessario toccare il fondo per poter cominciare a risalire e Carofiglio percorre i suoi gironi infernali senza fretta, descrivendo la lenta metamorfosi del personaggio. L’utilizzo della prima persona e il ritmo incalzante del romanzo ipnotizzano il lettore che, come il protagonista, rimane affascinato dalla parte oscura della propria anima.

In un’intervista il regista Daniele Vicari dichiara che la lettura del romanzo l’aveva riportato indietro nel tempo, in quel periodo in cui le scelte più importanti delle vita erano già state fatte, ma dentro di sé sentiva ancora una pulsione al pericolo e un desiderio del rischio che lo spingevano verso le esperienze meno normalizzate, verso l’appagamento degli istinti più profondi.
Affrontare quei ricordi mai del tutto superati e riscrivere attraverso la propria chiave di lettura il rapporto instauratosi tra i due protagonisti sono state le spinte fondamentali per la creazione di questo film.
La scelta dell’inquadratura soggettiva nasce in quanto funzionale all’introspezione, ma anche dalla volontà di instaurare un legame forte tra Giorgio e lo spettatore, che vede il mondo attraverso i suoi occhi; il che però non significa essere in grado di comprenderlo o di condividerlo. Elio Germano, che nel film interpreta proprio il giovane protagonista, ritiene infatti che il suo personaggio sia più felice proprio quando quello che fa è meno condivisibile dallo spettatore, come se la sua esigenza fosse “essere” dopo una vita passata ad “apparire”, con tutto quello che ne comporta.

In effetti dopo l’incontro col tenebroso Francesco la prevedibile vita di Giorgio cambia e diventa improvvisamente avventurosa, ricca, carica di adrenalina, eppure è difficile dire che sia una vita felice. Dubbi e domande a cui non è più in grado di dare risposta fanno capolino non appena si ferma, per questo corre sempre più in fretta, così da non avere il tempo di riflettere e magari scoprire che quello che sta facendo potrebbe non essere quello che vuole e che invece di ritrovare se stesso è solo diventato lo specchio distorto del suo alter ego. [img4]Per rimarcare questo aspetto il regista rielabora i profili dei due protagonisti rendendoli meno dissimili rispetto al libro e unendoli con un cordone ombelicale invisibile. La scena dello stupro, che pure ha ricevuto tante critiche, è il momento di massima fusione dei due ragazzi, che, come se fossero divenuti un tutt’uno, perdendo la facoltà di distinguere dove comincia l’uno e dove finisce l’altro.

Come è giusto che sia la metamorfosi si conclude, il protagonista torna sulla retta via, il convenzionalismo vince. Eppure sia Carofiglio sia Vicari in questa apoteosi del bene lasciano come una vaga nostalgia per la vita bella e dannata che i bravi ragazzi non possono vivere.

Il passato è una terra straniera, romanzo di Gianrico Carofiglio, 2004
Il passato è una terra straniera, film di Daniele Vicari, 2008

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