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Sotto quel cielo
Berlino, i vincitori

La regista Claudia Llosa bacia il suo Orso d'OroAlla fine ha vinto il Perù. Dopo 10 giorni di Berlinale, durante il quale sono stati proiettati un totale di 383 film, durante 1238 proiezioni, la giuria presieduta dall’attrice Tilda Swinton ha consegnato all’unanimità l’Orso d’Oro al film peruviano La Teta Asustada (The Milk of Sorrow) della regista Claudia Llosa, denominato da molti “il film sulla patata antistupro” in quanto la protagonista, a causa di una malattia trasmessale dal latte materno, ha il terrore di essere violentata e quindi usa una patata (immaginate voi in che modo) per evitare che avvenga tal fattaccio.
Una decisione che sembra premiare la scelta di questo Festival che ha inserito nel proprio programma molte opere di registe e molti film con protagoniste assolute le donne e che sottolinea l’avversione contro la violenza imperante che sembra governare questo mondo. Molta soddisfazione da parte nostra per l’Orso d’Argento che è andato ex aequo al nostro film preferito Gigante, opera prima di Adriàn Binez, e a Alle Anderen (Everyone Else)della tedesca Maren Ade, girato in parte anche in Sardegna.

Delusione per la scelta dei migliori attori. Hideout tifava per la sempre brava Kerry Fox (Storm) e il grande, in tutti sensi, Horacio Camandule (Gigante). Invece hanno vinto l’orso d’oro per le migliori interpretazioni la brava e intensa Birgit Minichmayr (Alle Anderen) e il malinconico e taciturno Sotigui Kouyate (London River). Soddisfazione per il premio alla migliore regia andato all’iraniano Asghar Farhadi che con il film Darbareye Elly (About Elly) ci aveva convinto appieno. Bella e condivisa la motivazione per il premio alla migliore sceneggiatura a The Messangerche onora la possibilità che ha il cinema di raccontare storie che altri media non sono liberi di affrontare. Il film infatti mette al centro due soldati che hanno l’incarico di portare per primi la notizia della morte dei soldati americani in Iraq ai loro familiari. L’importanza dell’operazione è sicuramente forte, soprattutto se si pensa che la stampa USA ha il divieto assoluto di mostrare il rientro in patria delle salme. Premiato anche Katalin Varga di Peter Strickland per l’importante contributo artistico all’uso del sonoro e un altro ex aequo a Andrzej Wajda (Tatarak) e Adriàn Biniez (Gigante) che hanno ricevuto il premio intitolato ad Alfred Bauer, l’inventore della Berlinale, per la loro passione nel fare cinema.

Il bilancio di questa 59° Festival Internazionale di Berlino è decisamente positivo per gli organizzatori: oltre 20 mila accreditati provenienti da 136 paesi, più di 270 mila biglietti venduti, grandi affari per l’EFM (European Film Market) e per il merchandising con 4000 borse vendute, senza contare tutti gli altri gadget.

Dall’altra parte ci permettiamo di sottolineare che la qualità dei film non è stata sempre all’altezza dell’importanza di questo Festival. Ci sembra che molte scelte dei selezionatori siano state troppo spesso dettate dalla fame di star, piuttosto che dalla volontà di trovare “il cinema”. Non a caso su 26 film presenti nella selezione ufficiale, ben 7 titoli, tutti con grandi star, sono stati inseriti fuori concorso. Da questo punto di vista, e vi assicuriamo che non si tratta di orgoglio nazionale, vogliamo spezzare una lancia a favore dei selezionatori di Venezia, che nel 2008 ci hanno permesso di vedere interessanti esperimenti (Vegas), coraggiose conferme (Rachel sta per sposarsi), grandi interpretazioni (L’Autre), produzioni indipendenti (The Wrestler) e anche il grande cinema classico (The Hurt Locker), grande animazione (Ponyo), altre cinematografie (Teza), il tutto senza dimenticare le grandi star.
Insomma, si può fare!

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