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Il vero mostro

Il vero mostro

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C’è il preciso intento di confondere la realtà con la finzione in questo film firmato a quattro mani dallo sceneggiatore di blockbuster Zak Penn (all’esordio in regia) e dal grande documentarista Werner Herzog, i cui lavori sono da sempre in bilico sul labile confine che divide la realtà dalla fiction.

Incident at Loch Ness descrive con una precisa estetica la storia del making (e un-making) of di un nuovo progetto del celebre regista tedesco, incentrato sul mito del mostro di Loch Ness. Nell’estate del 2003, Herzog è impegnato nel nord della Scozia per documentare le ricerche sul mistero irrisolto della creatura che abiterebbe i fondali del lago. Il film avrebbe dovuto intitolarsi L’enigma di Loch Ness. John Bailey, un giovane regista, nello stesso periodo è impegnato nel progetto di un ritratto dedicato al lavoro dello stesso regista, titolo previsto Herzog in Wonderland. Herzog accetta le cineprese del collega sul set, in modo da offrire una sorta di backstage del suo modo di girare, un privilegio non concesso certo a chiunque. Nessuno può immaginare come potrebbe concludersi il documentario di Herzog, nessuno ha mai visto Nessi, il leggendario mostro. La spedizione, come purtroppo accade, sembrerebbe indirizzata verso un totale fallimento, gli animi si scaldano e lo scontro tra le diverse anime del gruppo è inevitabile, ma il produttore di Bailey ha in mente qualcosa per trasformare il documentario in un vero e proprio scoop.

Incident at Loch Ness è, per dirla in breve, un falso documentario su un documentario falso, ma volendo essere più profondi possiamo definirlo un vero saggio teorico sul valore della realtà nel campo del documentario. Non a caso Herzog, nel bellissimo Grizzly Man, aveva già analizzato con grande acume il rapporto etico che nel documentario deve essere mantenuto tra osservatore e oggetto dell’osservazione. In questo film ribalta le carte in tavola e sceglie di analizzare a quattro mani con Penn il modo in cui l’oggetto in questione possa essere manipolato a priori, ovvero anche nei confronti dello stesso regista. In altre parole, chi osserva potrebbe non vedere la realtà, consciamente o inconsciamente, ma solo una manipolazione di essa. Il ragionamento si fa più concreto nella consapevolezza che in questo modo risulta ulteriormente amplificato l’impianto teorico alla base di Lo spazio blu profondo – The Wild Blue Yonder, documentario in cui il regista ha fortemente (ed esplicitamente) manipolato immagini documentarie per raccontare una storia di fantascienza.

Curiosità
Il film è stato ideato da Zak Penn. Come rivela lo stesso Penn, in un contenuto speciale nascosto nell’edizione in dvd del film (inedito in Italia), la vicenda è stata costruita attraverso uno scriptment (una via di mezzo tra una sceneggiatura e un trattamento) in cui lo stesso Herzog è stato libero di contribuire, improvvisando sulla base di un esile canovaccio. Il film però è nato mentre l’ufficio stampa di Herzog comunicava ufficialmente il suo progetto su Loch Ness, un hoax a tutti gli effetti. Nessuno degli esperti presenti nel film è un attore: molti erano addirittura convinti realmente di partecipare a un progetto per un documentario.

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