hideout

cultura dell'immagine e della parola

Dolmio
Day

Si dice che la pubblicità riproduca la realtà e, anzi, ne anticipi le tendenze. Generalmente, si pensa che questo linguaggio, al pari della poesia e della letteratura, sia costruito in modo da toccare le corde più profonde del nostro cuore, cercando di predisporci all’acquisto del prodotto e, allo stesso tempo, di farci prendere coscienza di ciò che sta avvenendo nella società.

Questo dovrebbe essere il metodo, in teoria. Sì perché, molto più spesso, la pubblicità non fa altro che riprodurre i nostri stereotipi, sussurrandoceli all’orecchio in modo malizioso e complice, e rafforzando così le nostre rappresentazioni e i nostri schemi mentali.

È per questo che la “Sciura Maria” continua a imperversare nei nostri spot; la vecchia “Casalinga di Voghera” rimane, dunque, la principale interlocutrice dei messaggi promozionali. Al pari degli uomini, che sono tutti maniaci calciofili e sbevazzoni di birra, oppure imprenditori, generalmente calvi e di mezz’età. È così che la pubblicità inquadra, descrive e riproduce i nostri preconcetti. Tutto ciò che si discosta da tale modello fa notizia.

Non è molto diverso all’estero e, ahimè, a farne le spese siamo proprio noi Italiani. È dal 2003, infatti, che Mars food, azienda anglosassone fondata da Anna Ciccone (no, pare non sia parente di Madonna), promuove il suo brand Dolmio attraverso una campagna che ha per protagonista una “tipica famiglia italiana”. Tipica per loro.

Mama, Papa, Carlo, Sofia e due bambini sono i numerosi componenti dell’allegra compagnia. Capelli neri, sopracciglia e baffi folti, occhi grandi e bocche enormi sono le caratteristiche principali dei pupazzoni che, non bastasse, parlano con un accento italiano esagerato fino al grottesco. La location è una specie di fattoria assolata, popolata da bestie di ogni tipo, e le vicende si alternano tra incontri amorosi, favoriti dal sugo afrodisiaco, e conviviali pranzi domenicali a base di pasta.

Ecco come ci vedono all’estero. La cosa non sembra particolarmente gratificante. Ai loro occhi siamo ancora degli zotici contadini che non sanno parlare inglese e che “fanno l’amore” a ritmo di mandolino.

Su YouTube, poi, si sprecano le versioni ridoppiate in modo ancora più grezzo e irritante. Per non parlare delle mille discussioni e domande che sono state fatte sull’argomento da persone straniere: “Ma gli italiani mangiano davvero la salsa Dolmio? O se la fanno preparare dalla mamma?”.

Certo, di tutt’altro tenore sono gli spot della Ferrero o della Lavazza. Pubblicità di classe, che puntano al lusso e al fascino del Made in Italy, che fanno leva sulla nostra rinomata capacità di saper fare cose buone e genuine, che stimolano gli occhi e il piacere. Pubblicità di aziende italiane fatte per prodotti italiani.

Forse bisognerebbe far sapere che Dolmio non è un prodotto del nostro Paese e che non è neppure commercializzato in Italia. Forse, se ci fosse un Giurì internazionale della pubblicità, bisognerebbe sottoporgli tale campagna e sottolinearne le caratteristiche caricaturali che le sono proprie. Perché una tale rappresentazione danneggia la nostra immagine, che rimane vecchia e datata, e con la quale, purtroppo, dobbiamo ancora fare i conti.

Curiosità
Secondo il “Dizionario Urbano” il Dolmio Day non avrebbe nulla a che vedere con il sugo alla bolognese, se non in maniera figurativa; secondo l’uso comune, infatti, tale giorno starebbe ad indicare la prima settimana del ciclo femminile.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»