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Che cosa sono le Brigate Rosse

Il 12 dicembre in occasione dell’uscita nazionale del film Il sol dell’avvenire, lo scrittore e giornalista parlamentare di Panorama Giovanni Fasanella ha presentato al pubblico di Mantova, presso l’associazione culturale Il Cinema del Carbone, il film diretto da Gianfranco Pannone e ispirato al suo libro intervista “Che cosa sono le Br”, scritto insieme all’ex brigatista Alberto Franceschini. Il documentario alla sua anteprima al Festival di Locarno aveva sollevato delle polemiche per le dichiarazioni del Ministro Sandro Bondi, che lo ha definito filobrigatista. Approfittando della sua disponibilità, chiediamo a Fasanella di raccontarci la storia del documentario, che inevitabilmente diventa la storia di un libro, a sua volta basata sulla storia italiana.

Per arrivare a un libro intervista come “Che cosa sono le Br” (uscito nel 2004 N.d.R.), e per fare un lavoro documentaristico come Il sol dell’avvenire, gli intervistati devono avere fiducia in chi li coinvolge. Che tipo di rapporto si è creato tra te e Franceschini?

Io e Franceschini ci incrociammo per la prima volta a Torino durante gli anni di piombo, poichè ero cronista di nera all’Unità e mi occupavo di terrorismo. Ebbi quindi qualche problema con le Brigate Rosse, dato che il mio nome era finito in un elenco insieme ad altri due giornalisti, tra cui Carlo Casalegno, vice direttore de “La Stampa”, vittima di un attentato il 16 novemnre del 1977 e morto il 29 dello stesso mese. Quel documento era stato redatto in carcere dal gruppo dei brigatisti del nucleo storico che in quel momento si trovavano a Torino per essere sottoposto al primo processo; processo che poi non si riuscì a celebrare quello stesso anno a causa della rinuncia al mandato di molti giurati popolari. Il clima di paura che si era diffuso dopo l’assassinio del presidente dell’ordine degli avvocati Fulvio Croce era pesante e aveva condizionato Torino e l’Italia intera.
Ad ogni modo, per me fu una vicenda traumatica, anche da un punto di vista personale. Da quel momento la mia vità cambiò e l’odio maturato nei confronti delle vicende di quegli anni si trasformò poi in desiderio di comprensione.
Anni dopo incrociai ancora Franceschini, che si era dissociato dalla lotta armata e che aveva scontato gli anni di carcere. Aveva rotto con il passato, era un’altra persona e oltrettutto aveva voglia di dare un contributo di verità. E in quegli anni, tra il 2000 e il 2002, nacque l’idea di fare il libro.

Alla luce delle polemiche che hanno preceduto l’uscita in sala de Il sol dell’avvenire, è indicativa la tua scelta di scrivere un’“Avvertenza”, e non una “Prefazione” al libro: sentivi la necessità di chiarire che quella raccontata non era la verità ma una sua parte?

Franceschini ricostruisce una storia delle Brigate Rosse seguendo il filo della propria vicenda personale e politica, ma la storia delle Brigate Rosse è estremamente complessa, non può esaurirsi in quel racconto.
Il libro è un punto di vista e una chiave di lettura importante, consente di inquadrare il fenomeno in modo unitario, mentre l’approccio alla storia delle Brigate Rosse è sempre stato schizofrenico. O ci si è fermati alla radice del fenomeno a seconda degli interessi politici, oppure ci si è soffermati solo sulla seconda parte della storia delle Br, cioè quella delle contaminazioni. Le Br invece hanno una radice ideologica e politica ben precisa.

Dal 2004 al 2008, arriviamo al film tratto dal libro: perchè scegliere di raccontare con un documentario, con un diverso linguaggio quindi, ancora una parte della complessa realtà della lotta armata?

Io sono un appassionato di cinema, lavoro a Panorama ma scrivo libri e racconti per il cinema, film e documentari. È vero che la scrittura e le immagini sono linguaggi diversi, ma dal mio punto di vista sono tutti strumenti di indagine della realtà. Quando scrivo i libri penso anche a una trasposizione cinematografica, è quasi naturale.

Nota la polemica, i documentari di per sè hanno spesso problemi di distribuzione perchè spesso ritenuti poco appetibili per il pubblico: da questo punto di vista in che difficoltà siete incorsi?

In realtà questo film non ha avuto problemi solo in fase distributiva, ne ha avuto sin dall’inizio, oserei dire sin dalla fase del concepimento. L’idea di raccontare qualcosa sempre passato sotto silenzio, l’idea di squarciare un velo, di sollevare il tappeto sotto cui per decenni era stata nascosta la polvere, infastidiva molti. A cominciare dall’amministrazione di Reggio Emilia, una parte di essa, dao che alcuni ci hanno aiutato, mentre altri ci ha sabotato. Ci furono pressioni sul Ministero dei beni culturali per indurlo a non concedere il finanziamento.
Poi Il sol dell’avvenire è diventata la pietra dello scandalo, cominciando dal Festival di Locarno ad agosto 2008, quando il film venne presentato in anteprima mondiale. I giornali avevano iniziato a parlarne; il figlio di un polizziotto ucciso a Torino dalle Br, Giovanni Berardi, tra l’altro un mio amico, non lo aveva ancora visto, ma, sulla base di un articolo de “La Stampa”, decise di telefonare al ministro Bondi e portargli le sue rimostranze. Il ministro a sua volta ha dichiarato guerra aperta al film e ai suoi autori, considerandolo filobrigatista e offensivo nei riguardi delle vittime e dei familiari.
Ma direi che è quanto meno ridicolo pensare, alla luce delle mie esperienze, che nel film ci sia un’intento filobrigatista. Ancora più ridicolo se si tiene presente che in altri libri ho raccontato e ho dato voce alle vittime e ai loro familiari.

Forse la cosa che più disturba gli spettatori è il fatto di vedere persone che hanno vissuto e compiuto atti di violenza agire, parlare ed essere del tutto normali. Vedere come il male è, tutto sommato, banale.

Questo è certamente il punto che disturba di più, anche persone non prevenute nei nostri confronti. Alcuni hanno reazioni di forte imbarazzo, si irritano, si arrabbiano, in genere persone sopra i quarant’anni. I giovani che non hanno condizionamenti reagiscono in modo estremamente positivo. Perchè rappresentare il male nella sua banalità e normalità crea reazioni scomposte? Credo che sia l’altra faccia della rimozione: non avendo fatto in modo sano i conti con quel trauma, tendiamo a reagire in modo patologico, o cancellando l’evento oppure demonizzando l’autore del fenomeno.
Abbiamo paura, dobbiamo fare in modo che il male, il criminale, il terrorismo, la violenza, siano cose il più lontane possibili da noi, che non ci riguardino, come fossero un corpo estraneo rispetto al nostro mondo. In questo modo la nostra coscienza è salva, ma impediamo a noi stessi di fare i conti con la nostra storia, la nostra cultura, l’esperienza e la tradizione, con tutto quell’humus che ha nutrito la pianta e da cui la pianta è nata. Non vogliamo guardare dentro la storia che ha prodotto quel mostro.

Di fronte a un documentario puro come Il sol dell’avvenire, cioè un film che si propone di documentare una parte di realtà, non è possibile voltare la faccia e non guardare. Avete mai pensato a un altro genere filmico per girarlo?

Io lavoro per il cinema e la televisione e scrivo fiction, le storie si possono raccontare in tanti modi e con tanti linguaggi, non penso che uno sia più efficace di un’altro. Abbiamo scelto il documentario perchè a entrambi piace: Pannone lo fa di mestiere, per me è uno sbocco naturale del giornalismo.
Poi bisogna capire qual’è la realtà che si vede nel film. Cinque persone che non si incontravano da quarant’anni, che si ritrovano in quel momento, con tutti i problemi che ci sono tra loro. Forse avremmo dovuto, come pensavo necessario fare, usare i contraddittori anche durante il pranzo, esattamente lo strumento utilizzato nel libro. Se avessimo fatto emergere anche la loro sofferenza, il loro dramma[img4] e le ferite che quest’esperienza ha lasciato dentro di loro, forse il film avrebbe provocato reazioni meno veementi.

Progetti futuri? Ci sarà altro cinema?

Dopo questa esperienza non so se con Pannone ci saranno altre storie da raccontare. Le difficoltà sono state enormi, non so se ci faranno fare un altro film e non son se si potrà fare sulle Br. Io ho altri progetti, uno è un film tratto da un mio primo copione, la storia di un giurato popolare di quel famoso processo torinese. Sarà un film di 100 minuti per Rai uno che dovrebbe andare in onda a settembre 2009, intepretato da Beppe Fiorello e diretto da Graziano Diana.

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