hideout

cultura dell'immagine e della parola

I limoni della discordia

I limoni della discordia

Dopo il bellissimo La sposa siriana (The Syrian Bride, 2004), che fece incetta di successi a vari festival come Locarno o Montreal, il regista israeliano Eran Riklis torna a proporre una storia di confine, nel senso letterale del termine. La vicenda di Salma e della sua battaglia perché non vengano abbattuti gli alberi di limoni, cui la sua vita è dedicata, è esemplare in quanto ricrea un microcosmo in cui si riflette tutto il conflitto israelo-palestinese. La protagonista è ritratta come una donna forte e saggia, legata alla sua terra, mentre il confinante ministro israeliano appare una figura mediocre, e la sua lussuosa residenza contrasta con quella semplice della donna palestinese. Un simbolo dunque della situazione asimettrica in cui si trovano i due popoli.

Se il film prende posizione inevitabilmente per Salma, va detto però che non si adagia mai sulla facile contrapposizione manicheista, proponendo tutta una serie di sfumature. La donna intraprende un contenzioso sulla base delle leggi dello stato ebraico, fino ad arrivare alla sua massima autorità giudiziaria, riconoscendone implicitamente l’autorità. E viene così sottolineata la natura democratica di Israele, le cui massime autorità sono costrette a prendere decisioni in base ai sentimenti della pubblica opinione. Ciò non impedisce che il Ministro rappresenti una classe politica scadente e che la Corte Suprema prenda una decisione di apparente compromesso, che rivela come a vincere siano comunque i poteri forti. La stessa comunità palestinese non ne esce bene, nel momento in cui avversa la relazione tra Salma e il suo avvocato, anteponendo così il decoro alla situazione tragica della donna.

In questo contesto, Il giardino di limoni è prima di tutto la storia di due donne, la protagonista e la moglie del Ministro. Pur separate per cultura, classe sociale e per appartenenza alle due diverse fazioni in conflitto, sono accomunate dalla condizione di solitudine e dalla sensazione di impotenza rispetto a quello che sta succedendo. Non può che svilupparsi tra di loro una forte empatia, che si può manifestare solamente nel gioco di sguardi da lontano, attraverso il recinto metallico che le divide, e con loro i due popoli. La loro complicità rappresenta il messaggio positivo del film.

Curiosità
Il film nasce da una ricerca d’archivio fatta da Eran Riklis sui processi intentati da cittadini palestinesi contro lo Stato di Israele, alla Corte Suprema Israeliana. Sorprendentemente il regista riferisce che casi del genere sono innumerevoli.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»