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Un vampiro capace di amare

Un vampiro capace di amare

“E sto abbracciato a te senza chiederti nulla per timore che non sia vero che tu vivi e mi ami. E sto abbracciato a te senza guardare e senza toccarti. Non debba mai scoprire con domande, con carezze, quella solitudine immensa d’amarti solo io.”

Con queste parole Pedro Palmiras, poeta spagnolo di inizio Novecento, si rivolge ad una sua amante descrivendo quelli che sono i sentimenti per lei e queste stesse parole potrebbero essere un’esemplificazione perfetta del sentimento d’amore che accomuna Bella e Edward, protagonisti del film e che li salva dalla solitudine in cui si trovavano. Solitudine che all’inizio del film è totale, lei è una persona molto chiusa e lui è strano ed inavvicinabile, poi però si conoscono, si trovano e allora il senso di solitudine man mano diminuisce, man mano cade come una sottile barriera d’acciaio, invisibile ad occhio nudo ma presente.

Si amano ma nonostante ciò non si toccano mai, si abbracciano in questo senso emotivamente ma senza farlo concretamente. E questo accade a causa della natura di lui, tenuta accuratamente nascosta fino a quel momento, segreto che lui decide di condividere con Bella. Edward in realtà è un vampiro e dunque la sua non è la normale storia d’amore di un adolescente con una sua coetanea, bensì è la travagliata e delicata storia tra due esseri profondamente diversi nel loro modo d’essere e di vivere, ma che trovano un solido terreno d’incontro nell’emozione che li unisce.

Catherine Hardwicke, già regista del famoso Thirteen (id, 2003), decidendo di mettere in scena una storia con un vampiro come protagonista si riallaccia ad una vasta tradizione che parte con Herzog e il suo Nosferatu, il principe della notte e Coppola col suo Dracula. La differenza tra questi ultimi e il vampiro Edward risiede in una sorta di attenzione posta sul vampiro stesso, man mano osservato e scoperto nei suoi lati più umani, e sulla sua capacità d’amare realmente.

Il tutto calato in un contesto dalla natura selvaggia e quasi edenica, primordiale. La macchina da presa riprende la natura a scatti, seguendo i movimenti del protagonista senza perderlo mai di vista, quasi come se fosse un vampiro situato appena dietro le spalle del protagonista e non una normale macchina da lavoro. Ed è una natura immensa, immensi spazi aperti e incontaminati, dove sembra quasi impossibile che l’uomo vi abbia mai calcato il piede.

La regista stessa, che prima di scegliere di dirigere la messa in scena di questa storia, ha letto personalmente il primo dei best sellers di Stephenie Meyer da cui è tratto, si è recata personalmente nei luoghi descritti dalla scrittrice per meglio calarsi nella parte e rappresentare meglio la storia. Buona l’idea, suggestiva l’ambientazione e la musica che segue a picchi i momenti di maggior suspance, come quella della lotta tra Edward e il vampiro nemico, scontro titanico tra le forze del bene e quelle del male, peccato soltanto per la recitazione stucchevole e poco credibile degli attori e in particolare dei due protagonisti, dei quali lui in particolare si era già reso famoso precedentemente per la sua interpretazione di Cedric, uno dei personaggi dell’acclamato Harry Potter.

Come dice Thomas Mann “l’amore è sempre più forte della morte” ma un amore tanto grande non basta per vincere la noia e la delusione delle aspettative che accompagnano la sua messa in scena sugli schermi.

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