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American Stories, American Solutions

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Immaginate di essere il candidato premier della nazione più influente a livello mondiale. Immaginate di trovarvi a un mese dalle elezioni, di essere in largo vantaggio sul vostro sfidante e di non avere temi obbligati da affrontare se non il fatto che non alzerete le tasse. Infine, immaginate che i fondi raccolti per la campagna elettorale vi permettano di realizzare un video della sontuosa durata di mezz’ora che vi permetterà, tramite il mezzo televisivo, di veicolare il vostro messaggio a una consistente fetta dell’elettorato senza alcun contraddittorio. Cosa fareste? No, non è una variante politica del classico gioco “cosa ti compreresti se vincessi al superenalotto”. È semplicemente la situazione in cui si è trovato Barack Obama al termine di una campagna elettorale che è sembrata poco meno che una cavalcata trionfale. La risposta del senatore dell’Illinois al mio quesito è racchiusa nei ventisette minuti abbondanti di American stories, American solutions, lo speciale televisivo trasmesso dai sette principali network statunitensi nella notte del 29 ottobre e premiato da uno share del 21,7%. Una sorta di documentario a fini promozionali per cui gli americani hanno coniato l’etichetta inedita di “Inf-O-mercial“ (dove la “O” è maiuscola proprio in onore a Obama).

La visione di questo prodotto, non fa che confermare la bravura dello staff messo in piedi dal candidato, abilissimo nel costruire un prodotto ben calibrato sul pubblico di riferimento, efficace nel toccare tutti i punti cardine dell’agenda politica di questa fase finale della campagna e allo stesso tempo capace di andare a ritoccare con precisione le poche sbavature che Obama aveva lasciato nel corso dei confronti diretti col rivale McCain. Il filmato si caratterizza infatti per una studiatissima alternanza tra il Barack pubblico e quello privato, tra la celebrazione del candidato e l’attenzione per i bisogni dei suoi elettori. Le scene montate sono suddivisibili in cinque macrocategorie: la presentazione del programma di governo, la rappresentazione della “real life” americana, la rivelazione del lato umano del canditato, la celebrazione del suo carisma pubblico, e la sanzione offertagli da una serie di sponsor.Ciascuno di questi momenti è caratterizzato da un linguaggio e da una messa in scena differenti e funzionali al tipo di messaggio che si intende trasmettere.

Il programma di governo ci viene presentato da un Barack Obama già in veste presidenziale, che ci parla guardandoci negli occhi e con l’ausilio di sovrimpressioni che conferiscono ufficialità alle sue promesse. La rappresentazione delle vite e dei problemi dei cittadini – fondamentale viste le accuse mosse da McCain attraverso la figura di “Joe l’idraulico” – è invece affidata a filmati classicamente documentaristici, presentati proprio dalla voce di Obama, che implicitamente suggerisce il suo interessamento diretto nella quotidianità degli elettori.Il “Barack privato”, senza cravatta e col primo bottone della camicia slacciato, parla a un intervistatore fuori campo, dando vita a una dinamica uno-a-uno più consona alla trattazione di temi delicati come la morte della madre o l’assenza del padre, e soprattutto ammorbidendo l’immagine di un politico troppo spesso visto come “uno con cui l’americano medio non può identificarsi”. Non manca comunque l’Obama pubblico, presentato attraverso le immagini di comizi in cui eccita grandi folle oppure alle prese con piccoli gruppi di elettori. La presenza di numerosi sostenitori d’eccezione, come la moglie, i colleghi senatori, i governatori degli stati democratici e il CEO di Google serve infine a sottolineare i pregi del candidato senza che questi debba farlo in prima persona apparendo arrogante o comunque immodesto.

Se i singoli passaggi sono realizzati con cura e in modo coerente rispetto al messaggio proposto, quello che fa fare il salto di qualità al filmato è comunque il montaggio, che dosa con sapienza tutti gli ingredienti a disposizione generando un flusso di emozioni e informazione perfettamente bilanciato che moltiplica la forza di quanto detto. Esemplare, da questo punto di vista, il passaggio dal racconto della morte della madre, un fatto assolutamente privato, all’immagine di Obama che annuncia la propria candidatura a presidente, un fatto pubblico che viene così riletto anche in chiave emotiva. Il decesso della madre viene poi essere ripreso in un discorso come esempio di malfunzionamento della sanità nazionale, divenendo così a sua volta un caso non solo personale ma anche di pubblico interesse. Allo stesso modo, rivela un’abile costruzione comunicativa anche il gioco di squadra creato montando prima la dichiarazione di Biden (il candidato vicepresidente, un veterano del senato con poca presa sul pubblico) che sottolinea la competenza e l’abilità di Obama in campo politico, seguita dalle parole dello stesso Obama (di cui si dice l’opposto, cioè che sia un ottimo comunicatore penalizzato da una scarsa esperienza) che ricorda come il suo secondo sia sempre stato un uomo di cuore e un padre esemplare. Notevolissimo poi il finale, in cui Barack, considerato a volte troppo lontano dal suo pubblico – a differenza ad esempio di un Bush, che sulla propria mediocrità aveva costruito un’efficace strategia che puntava a far identificare in lui l’elettore medio -, ammette con studiata modestia di non essere un uomo perfetto e quindi di non poter ambire a diventare un presidente perfetto, ma allo stesso tempo promette di aprire a tutti i cittadini le porte della Casa Bianca.

Con le elezioni ormai dietro l’angolo, sarà piuttosto semplice valutare l’efficacia di questa manovra di cattura degli ultimi consensi. Ammesso che Obama, dato ormai per superfavorito, avesse effettivamente bisogno di un’ulteriore spinta. Quello che forse [img4]risulta più interessante, è constatare come gli spin doctor americani abbiano ormai raggiunto una padronanza pressoché perfetta dei media audiovisivi, arrivando a veicolare in modo estremamente raffinato anche messaggi molto complessi e strutturati. Da questo punto di vista, American Stories, American Solutions segna certamente uno standard con cui ciascun futuro candidato dovrà confrontarsi. Un livello dal quale in Italia sembriamo ancora distanti anni luce, probabilmente anche a causa della par condicio, una legge che se da un lato pare inevitabile in un contesto in cui una delle parti politiche ha potenzialmente il controllo di ben tre Tv nazionali, dall’altro costituisce senza dubbio un freno allo sviluppo di un certo tipo di comunicazione politica.

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