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Il gioco delle parti

Il gioco delle parti

L’amore inteso anche come sentimento d’amicizia, come prova d’esistenza, come atto di verità nei confronti degli altri, dell’altro diverso da sé. Un termine a volte spiegato male, altre volte interpretato peggio, altre ancora vittima di speculazioni e terrificanti siparietti. Ma quello che emerge dal film di Maria Sole Tognazzi (e da ora usiamo solo il nome, che mi piace) è l’attenzione a scoprire cosa si trova dietro l’apparenza di un sentimento che poi prende direzioni inaspettate. C’è un prima, un dopo e un durante nel film di Maria Sole, come già succedeva in Passato prossimo, che alternava passato e presente affidando all’epilogo del film la costruzione/impostazione di un ipotetico futuro. L’uomo che ama aggiunge, coerentemente, un importante tassello al percorso iniziato da Passato prossimo (che comunque affrontava già il tema dell’amicizia, dell’amore, dell’omosessualità, dei ricordi e dei rimorsi), ovvero la questione della scelta d’amore intesa sia nel senso dell’amare, sia nel senso dell’essere amati.

L’uomo che ama si presenta come un film che descrive la fine e l’inizio di una relazione d’amore ma si conclude come un film che riesce a raccontare una storia d’amore. La differenza tra relazione e storia la si trova confrontandosi con il passato del personaggio interpretato da Favino (farmacista, cura te stesso!), con gli scontri, gli incontri, i pensieri di un uomo che è uscito da una storia d’amore tormentata, nella quale a causa dell’ansia e del senso di frustrazione/incomprensione, non riusciva più a chiudere occhio (in questo senso sarebbe interessante rileggere la figura dell’innamorato come un sognatore che chiude gli occhi per sognare, e il non-innamorato-della-donna-che-dice-di-amare come uno che non sogna nemmeno ad occhi aperti, ma anzi vede solo le paure).

È chiaro, non fin da subito, che il film di Maria Sole spinge verso un luogo meno contaminato del racconto d’amore, del romanticismo, delle emozioni. Maria Sole racconta il percorso lungo e difficile di chi ha scelto di prendersi cura dell’altro, di chi ha scelto di prendersi cura di sé stesso per poter esprimere il proprio amore all’altro (sembra ricordarci che se amiamo poco noi stessi, forse, risulta più difficile amare gli altri), di chi ha scelto l’amore incondizionato e libero (che non è affatto una cosuccia da quattro soldi che trovi dietro l’angolo, nemmeno quando si parla di famiglia e genitori). La scelta d’amare e d’amore è quindi la risposta alla freddezza degli ambienti, all’oscurità di certi interni, al vuoto di certi momenti.
Si, è vero, tante parole che a volte sostituiscono immagini e silenzi, ma il cast (anche la Bellucci, nonostante tutta la sua inverosimiglianza) la sensibilità e le intenzioni non banali di Maria Sole permettono un certo coinvolgimento. Educato e intelligente. Ma questo non può essere considerato un limite.

Curiosità
Ha detto in un’intervista Maria Sole Tognazzi: «La speranza era ed è quella di dar vita ad un colloquio aperto tra noi e lo spettatore, mi piacerebbe infatti molto che questa nostra esplorazione della sensibilità maschile si potesse ampliare in una ricerca comune. Contavo su un racconto senza retorica, puntavo ad un intimismo realistico, duro e dolce insieme, riflettendo in due momenti diversi, sulla differenza e sul tipo di dolore che si prova quando sei abbandonato e quando decidi di andare via. Il nostro protagonista Roberto non è il solito Peter Pan irrisolto e nemmeno un eroe. È invece un uomo con debolezze, slanci ed emozioni da adolescente che si trova ad affrontare la complessità di una decisione tra un’esperienza finita e l’inizio di una nuova vita. Spero ne sia nato un film diretto, drammatico ma anche romantico, che commuova ma faccia anche un po’ sorridere, nel tentativo di bilanciare i momenti di dolore e di tensione con altri di leggerezza e ilarità».

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