hideout

cultura dell'immagine e della parola

Un road movie post-mortem

Un road movie post-mortem

Se vuoi vedere il film con la traduzione italiana, scarica i sottotitoli su ItalianSubs

Se esistesse una denominazione di origine controllata per la cinematografia indipendente, Wristcutters: A Love Story sarebbe senza ombra di dubbio uno dei primi film a potersi fregiare dell’etichetta. Non c’è infatti un solo aspetto della pellicola che non urli a squarciagola la propria estraneità alle logiche commerciali delle major: dal soggetto di partenza fino alle menzioni ricevute, passando per l’iter produttivo, la scelta degli attori e la colonna sonora. Tutto ha inizio nel 2005, quando Goran Dukic, giovane filmaker croato trapiantato sulla West Coast, si innamora del racconto Kneller’s Happy Campers dell’israeliano Etgar Karet, una storia d’amore ambientata in una dimensione popolata esclusivamente da persone che si sono uccise. Dukic, colto da subitanea ispirazione, sceneggia la storia, convince Karet a concedergli i diritti per la realizzazione del film e si mette al lavoro per cercare i fondi con cui realizzare la sua opera. Un’impresa piuttosto improba, non fosse che un certo Tom Waits, letto il trattamento, decide che una parte nella pellicola non gli dispiacerebbe. La presenza di un nome questo peso nel cast rende il progetto immediatamente più credibile, ed ecco che qualche finanziatore si decide a metterci i soldi, consentendo finalmente – nel 2006 – l’uscita del film, che però, a dispetto dei numerosi riconoscimenti ottenuti nei festival (Sundance in primis), non arriverà mai ad avere una degna distribuzione.

Definire Wristcutters facendo riferimento a un singolo genere cinematografico sarebbe riduttivo. Vista la trama, che vede il pizzaiolo Zia (Patrick Fugit) mettersi in viaggio nel mondo dei suicidi alla ricerca della sua ex fidanzata in compagnia del rocker slavo Eugene (Shia Whigham), si potrebbe parlare di un road movie che mescola esistenzialismo slavo e commedia grottesca americana, il tutto rapportato a una tematica a dir poco scabrosa, trattata però con acuta leggerezza e, soprattutto, con tocchi ben calibrati di surrealismo. A far fare il definitivo salto di qualità alla pellicola, ci pensa poi la scelta azzeccatissima delle musiche, che vede in primo piano le canzoni dei Gogol Bordello interpretate da Eugene Hütz, alla cui figura è ispirato l’Eugene interpretato da Whigham. Il fatto che con tutta probabilità il film non arriverà mai nelle sale italiane, presenta quantomeno un rovescio della medaglia positivo: in questo modo si eviterà infatti che le voci originali vengano doppiate. Massimo rispetto per gli attori italiani, ma il ringhio di Tom Waits, quando si lancia in uno dei suoi monologhi sbilenchi, va gustato rigorosamente “au naturel”.

Curiosità
Il film avrebbe dovuto essere girato con una speciale pellicola infrarossa a 16mm prodotta in edizione limitata dalla Kodak espressamente per questo progetto, al fine di creare uno spostamento nella gamma di colori che avrebbe accentuato l’alterità della dimensione in cui la storia è ambientata. L’idea fu poi abbandonata perché considerata troppo complessa dal punto di vista della lavorazione. Il lancio del film negli Usa avrebbe dovuto essere accompagnato da una campagna di viral marketing realizzata posizionando dei cartonati di aspiranti suicidi sui ponti o in prossimità delle linee elettriche. Quando la notizia trapelò, lo SPAN (Suicide Prevention Action Network) scrisse ai produttori del fim convincendoli a lasciar perdere, per evitare un’epidemia di “suicidi da emulazione”.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»