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cultura dell'immagine e della parola

Incontro con Pupi Avati

Secondo film italiano proiettato in concorso, Il papà di Giovanna è l’ultima fatica di Pupi Avati, che l’ha presentato a Venezia insieme a tutto il suo cast, aprendosi a qualche confessione non solo cinematografica.

Pupi Avati e il papà di Giovanna
La vita mi ha risparmiato eventi così drammatici, ma non mi ha esentato dall’interpretare il ruolo di padre, anche di una figlia, che non somiglia alla Giovanna del film ma che in certi momenti ha manifestato delle difficoltà nell’approccio con gli altri. E avendole vissute anch’io da ragazzo, le sono stato accanto con premurosità, creatività ed energia: c’è molto di me nel personaggio interpretato da Silvio Orlando, e nel suo monologo verso la fine del film. Lì ho riversato tutto ciò che so di bene e male della filosofia paterna.

Pupi Avati e l’amore
Nelle storie d’amore c’è sempre uno sbilanciamento: è nelle cose della vita. Io sono sposato da 44 anni e credo di aver amato mia moglie più di quanto lei abbia amato me. Nel film c’è un doloroso momento di constatazione, dove parlo di me per l’ennesima volta, pur nelle temperature elevate di un dramma con delitto. Nonostante i miei quasi 70 anni, sono ancora immaturo in molti ambiti, tra cui quello affettivo: ho ancora nei confronti delle donne una sorta di diffidenza che è tipica degli uomini della mia generazione, che non hanno mai capito che di una donna si può essere anche amici.

Pupi Avati e Cinecittà
Fotografare il vero è più facile che riprendere il finto e farlo sentire vero: la mia vita è fatta di piccoli miracoli, e stavolta è stato di ricostruire l’appartamento dove ho vissuto da bambino. Sapevo che la storia narrata avrebbe poi preso una direzione che non mi riguardava, e avevo bisogno di un piedistallo solido. Mi auguro di fare ancora film a Cinecittà, perché si avverte davvero che lì è transitata la storia del cinema.

Il cast del film dice di lui

Alba Rohrwacher: Pupi sapeva sempre esattamente quello che doveva essere Giovanna, e questo mi ha fatto sentire molto protetta.
Serena Grandi: Sono felice che Pupi mi abbia portata in concorso per la prima volta alla mia età. In un ruolo che è diverso da quanto ho fatto nella mia precedente carriera.
Manuela Morabito: Mi sono affidata completamente a lui. E’ uno che sa come ottenere quello che vuole dai suoi attori.
Francesca Neri: Grazie a Pupi sono riuscita a provare tenerezza nei confronti del mio personaggio terribile, pur non giustificandolo.
Ezio Greggio: Mi sono tolto i miei panni consueti e mi sono sintonizzato con un grande direttore d’orchestra e il suo cast.
Silvio Orlando: Sul set c’era un’alchimia strana, mi sembrava di andare a lavorare alla Magneti Marelli, una vecchia azienda dove il padrone mangia insieme agli operai.

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