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Frammenti di una generazione

Frammenti di una generazione

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The Tracey Fragments è stato distribuito in una sala negli Stati Uniti e in quattro nel Canada. Motivo, questo, per cui non lo troverete mai in un multisala alla periferia della vostra città, e probabilmente nemmeno se lo cercherete tra qualche mese tra i dvd d’importazione. Ma non importa. The Tracey Fragments è un film tra i più interessanti nel panorama indipendente nordamericano, non solo perché ha partecipato, spesso vincendoli, a decine di festival internazionali (tra cui Berlino e Torino), ma anche e soprattutto perché è un’opera vera e sincera, che sfrutta il linguaggio per mostrare il disagio di una generazione (o forse di tutte quante).

Il regista, Bruce McDonald, non è certo un giovane videoclipparo, ma un cinquantenne con alle spalle una lunga esperienza che va dal cinema indipendente (Hard Core Longo, 1996) alle serie tv mainstream (Queer as Folk, 2003-04). Ha di certo seguito l’evolversi dell’utilizzo dello split screen nel grande schermo, dagli esperimenti degli anni Sessanta con Il caso Thomas Crown (The Thomas Crown Affair, Norman Jewison, 1968) e The Boston Strangler (id., Richard Fleischer, 1968) fino al ritorno forse un po’ modaiolo delle ultime stagioni, a partire dall’intenso Requiem for a Dream (id., Darren Aronofsky, 2000) fino a Sideways (id., Alexander Payne, 2004). McDonald utilizza questo linguaggio, esasperandolo per rendere in maniera esplicita la frammentazione della vita di Tracey, un’adolescente la cui esistenza non è altro che un insieme di pixel, in cui non importa l’ordine temporale o spaziale, in cui i bambini si credono dei cani e gli psichiatri sono dei transessuali, in cui nessuno fa realmente nulla in attesa di qualcosa che verrà (anche questo esplicitato – forse un po’ semplicisticamente – con l’immagine della tormenta di neve).

The Tracey Fragments a volte sembra essere più un’opera di videoarte che un film per il cinema, ma sa reggerrsi anche grazie all’interpretazione di Ellen Page, ancora una volta soprendentemente emozionante, forse ancora più che in Hard Candy (id., David Slade, 2005) o Juno (id., Jason Reitman, 2007). Emozionante come la colonna sonora dei Broken Social Scene, elemento che ha ancor di più consacrato il film come piccolo ma prezioso oggetto di culto.

Curiosità
Bruce McDonald ha girato il film con una piccola telecamera da 2.000 euro e l’ha montato con attrezzature poco più che amatoriali, rendendo tutto il girato disponibile tramite peer to peer a chi volesse provare a farne un nuovo montaggio. I migliori sono stati pubblicati sul sito ufficiale.

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