hideout

cultura dell'immagine e della parola

Cannes
15 maggio

Una scena da <i>Waltz with Bashir</i> di Ari Folman” />Grande botto per l’inizio di questo 61° festival di Cannes. Se in Italia siamo ammorbati dagli strascichi delle sterili polemiche provinciali sull’opportunità o meno di dedicare la mostra del libro di Torino a Israele, la Croisette apre la <em>Selection officielle</em> con un film d’animazione israeliano,<em>Waltz with Bashir</em> di <strong>Ari Folman</strong>.<br />
Evidente che tale opera sfrutti il successo di <em><A href=Persepolis (2007), ma, in realtà, si tratta di una cosa completamente diversa. È un film che si gioca sulla confusione tra realta e finzione, tra documentario e fiction. L’animazione è estremamente realistica, e si avvicina, come tecnica, a Waking Life, Richard Linklater (2001), con i disegni che sembrano ricalcare personaggi e situazioni reali.
Waltz with Bashir racconta il capitolo più vergognoso della storia dello stato di Israele, i massacri di Sabra e Chatila, compiuti dall’esercito falangista libanese, e permessi da quello israeliano, a carico della popolazione civile palestinese.

Il film inizia in modo surreale, per raccontare i retroscena della vicenda e il clima politico e sociale che avrebbero poi portato a quelle stragi. L’animazione è quindi indispensabile per realizzare figurativamente tutti gli elementi “fantastici”.
Nel corso del film, tuttavia, si assiste al passaggio graduale tra questo modo di raccontare e una rappresentazione di tipo documentario, in cui si vedono i veri personaggi che raccontano i fatti.
Per arrivare alla scena finale, in cui l’animazione cede il passo ai filmati di repertorio dei corpi straziati nelle stragi. Immagini sconvolgenti, ma che acquisiscono un significato solo all’interno di un’opera concepita secondo una progressione che va dal “totalmente rappresentato”, al “totalmente mostrato”.

Meno ricco l’altro lavoro in concorso, Leonera, del regista argentino Pablo Trapero, autore del precedente Mondo Grua. Il film racconta di una donna incinta condannata per omicidio, che partorisce il figlio e lo alleva per alcuni anni in carcere.
Un film di impegno civile che non rinuncia a una sfumatura artistica nel momento in cui rende nebulose le circostanze dell’omicidio, mantenendo il dubb sulla colpevolezza o sull’innocenza della protagonista.
Leonera avrebbe potuto ambire al massimo a qualche festival latino americano e invece, eccolo a Cannes: sarà perché il suo produttore si chiama Central di Brasil (1998) / I diari della motocicletta (2007) / Dark Water (2005) Walter Salles?
E inaugura una lunga serie di opere sudamericane. Staremo a vedere.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»