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cultura dell'immagine e della parola

Zafferano

Zafferano

Nel romanticismo ci sono nati. Nel surrealismo sembrano essere cresciuti. Nel tragicomico muoiono e poi rinascono. Nel road movie, mascherato da viaggio ascetico, scappano, s’inseguono, si innamorano. Dentro i luoghi prendono forma, definendo i loro contorni più duri e difficili da accettare, i più strani e lontani. Quelli di Wes Anderson sono personaggi alterati ma veri, estremi ma sinceri, maschere, copioni, costumi edulcorati ma protagonisti di un nuovo e sempre più eccentrico e fantasioso modo di intendere il cinema e l’avventura del racconto.

In The Darjeeling Limited è un cortometraggio di una decina di minuti a scatenare, riordinare, sovrapporre, l’ordine degli eventi. Il corto Hotel Chevalier è la parentesi (narrativa, cinematografica, psicologica) di solo uno dei tre protagonisti. Una parentesi che permette allo spettatore di conoscere solo una delle storie passate. Solo un trascorso. Eppure è una parentesi che spinge dentro il cuore pulsante dell’intero film. Perché per Anderson sono fondamentali gli sguardi ma anche le parole, i dialoghi e le battute; sono necessari i ralenti, che sottolineano sempre una tensione narrativa; sono assolutamente ricercati i movimenti del corpo spesso riletti in chiave comica, come del resto l’attenzione alla musica e alle scelte dei costumi. Se in I Tenenbaum (id., 2001), ad esempio, erano le tute rosse dell’Adidas, in Le avventure acquatiche di Steve Zissou (The Life aquatic with Steve Zissou, 2004) il cappello rosso e la divisa azzurra indossati da Bill Murray, questa volta è l’accappatoio giallo la prima icona rintracciabile lungo il percorso del film. Quel costume, di quel personaggio, inserito in quel contesto/palcoscenico è la prima coordinata utilizzata per avvicinarci al racconto. Che poi prosegue su binari storti, tra una zuffa un funerale, tra una gag e un bacio rubato, un ricordo e un assurdo.

Anderson insegue il suo originale modello cinematografico (ne è diventato padre artistico a tutti gli effetti), non può essere considerato novello autore della commedia americana perché i suoi film raccontano i particolari della vita, le sfumature coloratissime dell’animo umano. Non solo commedie. Sembra paradossale come un suo film ma è così. Dietro le figure del suo cinema troviamo personaggi diversi, alternativi, profondamente colpiti dalla vita e coraggiosamente (chi più e chi meno) in lotta per salvarsi. È un mondo di capriole che forse strizza l’occhiolino al cinema di Keaton (senza troppi inchini), dentro il quale qualcuno, forse, ci vede un pizzico di snob ma che in fondo sembra, finora, costruito sul concetto principe delle relazioni umane. I conflitti, la rabbia, le seccature in qualche modo sono sempre affrontati, vissuti, rigurgitati o ingoiati, e in questa direzione Rushmore (id., 1998) ne è un preziosissimo esempio. Un cinema nostalgico per i profumi che emana, i sapori che ti fa degustare, i ricordi, le immagini, i colori che puoi vedere. È un cinema rivolto all’amore e all’amaro. Come vuole sottolineare Hotel Chevalier. L’uscita sul balcone, un sospiro. Un ultimo incontro, o forse no.

Curiosità
La prossima firma di Wes Anderson sarà per il film d’animazione The Fantastic Mr. Fox, tratto da un racconto di Roal Dahl, Furbo il signor Volpe. La passione per Dahl, i personaggi eccentrici, i costumi, il tragicomico… Quante affinità con Burton! Anche qui è interessante lo studio sulla colonna sonora: diversi brani sono stati estrapolati da alcuni film indiani.

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