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Una fiaba del bosco

Una fiaba del bosco

Una storia d’amicizia ma non solo. Anche una storia della formazione di una bambina attraverso l’esplorazione della natura e del mondo animale, fino ad arrivare a comprendere quella giusta distanza che necessariamente deve frapporsi tra uomini e volpi. Forse proprio grazie a questa componente pedagogico-antropologica La volpe e la bambina riesce ad arrivare più direttamente al cuore dello spettatore rispetto a La marcia dei pinguini. Del precedente successo di Luc Jacquet, la nuova pellicola conserva il carattere documentario, ravvisabile nelle riprese di paesaggi mozzafiato e di dettagli che solo un regista con l’occhio del biologo può cogliere. La componente di osservazione minuziosa e quasi scientifica del reale e quella di narrazione di una storia in tonalità fiabesca sono armonicamente bilanciate.

Il film ha inoltre il pregio di una grande naturalezza delle azioni e delle espressioni dei suoi due personaggi, collocati quasi ininterrottamente all’interno di cornici naturalistiche. Scegliendo una volpe per protagonista, Jacquet non si è certo reso la vita facile, dato il carattere imprevedibile dell’animale. Inoltre, il regista ha scelto un animale tutt’altro che privo di precedenti illustri: è sufficiente pensare al rilievo che la letteratura classica ha dato alla volpe nelle sue favole e successivamente alla produzione seicentesca di Jean de La Fontaine. Ma Jacquet apporta un punto di vista nuovo, perché ritrae la volpe nel suo comportamento naturale, senza nessun tratto simbolico o antropomorfo. L’animale è stato scelto, come lo stesso regista ha detto in un’intervista, in quanto “ideale per esplorare il legame conflittuale e paradossale che unisce l’uomo all’animale selvatico”. La co-protagonista Bertille è nella realtà una bambina di città che con gli animali ha sempre avuto poca dimestichezza, ma la sua recitazione nel film è ricca di spontaneità e molto espressiva nella manifestazione delle emozioni che le si dipingono in volto, dalla meraviglia alla gioia, fino alla paura. Proprio sulle emozioni della bambina si costruisce l’aspetto antropologico di un film che, pur essendo a tutti gli effetti un “racconto semplice”, non è privo di spessore: nella paura della bimba per le voci notturne delle volpi da lei trasfigurate in streghe e nel gusto di provare a spaventarsi sapendo di essere al sicuro tra le mura domestiche si può leggere traccia dell’esperienza umana del Naufragio con spettatore alla Hans Blumenberg.

Luc Jacquet è stato impegnato oltre che sul fronte della regia anche su quello della sceneggiatura, di cui è stato coautore, e ha dichiarato che l’originalità di quest’ultima è consistita nel doversi plasmare su un film in cui “i personaggi, una bambina, un animale e la natura, non comunicano attraverso i dialoghi”, per cui è stato necessario inventare una “partitura” per ciascuno dei tre. E dobbiamo riconoscere che le partiture sono state effettivamente ben calibrate.
Nella pellicola è stato sfiorato anche il registro della metanarrazione, attraverso la scena della bambina intenta a leggere nella sua cameretta un libro illustrato sugli animali e attraverso l’inquadratura di un disegno stilizzato – quasi da film animato – delle due protagoniste, che sintetizza in una sola immagine il cuore pulsante della fiaba.

Curiosità
In occasione dell’uscita del film nelle sale Mondadori pubblica due libri per bambini: La volpe e la bambina. La storia con le immagini del film e La volpe e la bambina. Gli animali del bosco. Il primo ripercorre la storia del film e il secondo si propone come una guida sui protagonisti del mondo animale.

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