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58° Berlinale
Cala il sipario

La 58° edizione della Berlinale ha visto indubbiamente gli Stati Uniti primeggiare, sia come premi, che come qualità filmica. Al di là dei due premi per il film di Paul Thomas Anderson, oramai diventato grande fra i grandi (8 nomination all’Oscar per il suo film il 24 febbraio), l’America ha regalato molto al festival, anche grazie a pellicole come Ballast di Lance Hammer, o piccoli lavori nelle sezioni parallele, come Dream Boy di James Bolton.
Sorride l’America del Sud e non solo per l’Orso d’Oro, ma anche per una produzione cinematografica ricca e di valore, oramai in grande espansione.
Non manca la conferma della Cina, di Mike Leigh e del documentario, più che mai strumento importante di denuncia nella cinematografia degli ultimi anni.

Grandi giornate e folle da stadio si sono vissute alla Berlinale, a partire dalla prima con Martin Scorsese e i Rolling Stones, e poi ancora con Daniel Day Lewis, Madonna, Natalie Portman, Scarlet Johansson: una Berlinale non troppo fastosa, ma con nomi e presenze di grande richiamo.
Interessanti e importanti anche alcuni lavori inseriti fuori concorso, come i film di Andrey Waida e di Michel Gondry.

Caos Calmo e Luigi Falorni non hanno sfigurato, anzi, hanno fatto parlare a loro modo di sé, sono stati ben accolti dalla stampa e da buona parte del pubblico.
Poco glamour, molta sostanza e scelte importanti, per una Berlinale, che si conferma ancora una volta come uno degli appuntamenti principali di inizio anno per il cinema internazionale.

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