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cultura dell'immagine e della parola

Sotto quel cielo
Berlino, 9 febbraio

I protagonisti di <i>Lake Tahoe</i>: da sinistra Diego Catano, il regista Fernardo Eimbcke, Juan Carlos Lara, Daniela Valentine” /><strong>Al mio terzo giorno a Berlino ormai riulta chiara una grande verità: anche i tedeschi sono disorganizzati!</strong><br />
Le sale si riempiono facilmente e molta gente rimane fuori dalle proiezioni inveendo contro le maschere. Cose che capitano, che sono sempre capitate, ma che onestamente non pensavo di vedere così spesso da queste parti. Inoltre il programma, già intenso di per se, é davvero serrato: subito dopo la proiezione c’é la conferenza stampa e immediatamente dopo un’altra proiezione e un’altra conferenza stampa e così via fino alle 7 di sera. </p>
<p>Niente di particolarmente grave, sempre meglio che lavorare in miniera, ma esigenze superflue come mangiare e fare la pipì diventano secondarie rispetto al bisogno d guadagnare il proprio posto in sala. Inoltre, la stanza riservata alla stampa é molto piccola, con poche e complicate postazioni: spesso hanno tastiere russe, asiatiche o difettose. È dura la vita del critico cinematografico!<br />
Voi direte: peró un Festival é fatto soprattutto per il pubblico. Certo, infatti anche il pubblico pagante fa ore di fila per trovare un biglietto e neanche i possessori di accredito culturale, qui di colore blu, se la passano meglio: giornate intere alla ricerca di un cinema dove riuscire ad entrare.</p>
<p>Nonostante tutto, peró, i film continuano e l’atmosfera é piacevolmente internazionale.<br />
<strong>Il concorso ha proposto tre film oggi e un primo possibile concorrente all’Orso d’Oro insieme a <em>There Will Be Blood</em>. <em>Lake Tahoe</em> (<em> ¿Te acuerdas de Lake Tahoe? </em>)di Fernardo Eimbcke é stata davvero una piacevole sorpresa</strong>. Il film racconta 24 ore della vita del sedicenne Juan alla ricerca di un pezzo di ricambio per la sua macchina dopo aver fatto un incidente. Le inquadrature fisse, il ritmo rallentato e un montaggio fatto di dissolvenze in nero, seguono l’evolversi degli avvenimenti e ci raccontano i suoi incontri; senza rendersene conto, lo spettatore inizia a vivere le sue emozioni. Il giovane regista ha detto di essere stato molto influenzato dal cinema di Ozu Yasujiro  e in effetti si vede. Per adessso io faccio il tifo per lui.</p>
<p><strong>Gli altri due film sono <em>Julia</em> e <em>Gardens of the Night</em></strong>. Il primo, francese e girato in lingua inglese, ha il solo pregio di mostrarci finalmente una Tilda Swinton femmile e seducente. Il regista Erick Zonca peró ha la presunzione di rifare John Cassavetes, girando una sorta di remake di <em>Gloria</em> (id., 1980), con tanto di rimandi alle luci e alle atmosfere anni ‘70, e che alla fine riesce solo ad essere fastidiosamente borioso.<br />
L’americano <em>Gardens of the Night</em>, invece, é totalmente da dimenticare: un film dossier da pomeriggio di Canale 5 sulla pedofilia che vorrebbe essere divulgativo e che alla fine finisce per essere pura pruderie adatta a persone desiderose di essere scioccate.</p>
<p>Purtroppo, a causa di questi ritmi serrati, ho perso molto, come <em>Chiko</em> di Özgür Yildirim, film di genere action ambientato nella comunità turca di Amburgo, che ha riscoso un buon successo di pubblico, e il thriller <em>Transsiberian</em> di Brad Anderson con Woody Harrelson e Ben Kingsley. Eh si, é proprio dura la vita del critico!</p>
				<p class= A cura di Sara Sagrati
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