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La semplicità che stupisce

La semplicità che stupisce

Un film diverso dagli altri presenti in sala, che implica l’ingresso in una dimensione temporale parallela, umana e cinematografica. Un viaggio, anzi una gita, nel vecchio mondo contadino che fonde la nostalgia di Ermanno Olmi e la leggerezza di Eric Rohmer. Una storia minimalista ma, al contrario di molto cinema italiano degli ultimi anni, dal tema universale. Un artista intellettuale sedotto dalla filosofia naturale di un vecchio amico ferroviere che sognava di fare il giardiniere, capace di espressioni popolari come «Ci sono più tipi di insalata che santi» e di straordinarie riflessioni che assumono i toni di un umorismo saggio e surreale. “Del prato e Del quadro” scoprono complicità e, con curiosità, riescono a stupirsi. Il mondo può essere semplice, puro e sorprendente: “la moglie”, una falce, un motorino rosso fiammante, una carpa gigante, un cagnolino corridore e un’aringa dalle proprietà prodigiose.

La semplicità che stupisce
La regia, poco invadente, segue costantemente i due protagonisti in medio e primo piano limitando al massimo i campi lunghi. La campagna del Rhones-Alpes, già suggestivo palcoscenico di Rohmer per Racconto d’autunno (Conte d’automne, 1998) è infatti una protagonista discreta, che entra in scena più attraverso la luce provenzale e i piccoli scorci dell’orto che con grandi panorami. Daniel Auteuil, alla seconda improbabile amicizia cinematografica dopo il tassista de Il mio migliore amico (Mon milleur ami, Patrice Leconte, 2006), dialoga con uno strepitoso Jean-Pierre Darroussin capace di gesti lenti, postura antica ed espressioni timide attraversate da impercettibili e disarmanti sorrisi. Lo schema narrativo non è nuovo ma la sceneggiatura, quasi teatrale, ha il grande merito di mantenere il tono leggero e naturale senza cedere a progressioni drammatiche, eccessi comici o a momenti di pathos esibito. Senza artifici e forzature seguiamo lo scorrere degli eventi quotidiani, tragici e comici, incantati dalla scena della pesca o da quella del giardiniere che cura le piante sdraiato ascoltando Mozart, in uno struggente e altissimo momento di recitazione. La storia di un brav’uomo e del suo amico e del mistero della semplicità che stupisce.

Curiosità
Il regista Jean Becker è figlio del grande cineasta e sceneggiatore Jacques Becker (1906-1960) autore di memorabili pellicole tra cui Casco d’oro (Casque d’or, 1952) e Grisbi (1954). Danielel Auteuil e Jeanne-Pierre Daroussin, attori di notevole fama nel panorama francese e internazionale, prima del film di Becker non avevano mai lavorato insieme. Per girare la scena della pesca sul lago, i due attori sono rimasti sulla barca per quasi dodici ore, da soli e senza soste.

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