Le rughe parlanti di Toni Servillo
La ragazza del lago: un film che non ti aspetti, sia per l’esordiente alla regia, Andrea Molaioli, sia per l’origine letteraria particolarmente apprezzata: Lo sguardo di uno sconosciuto di Karin Fossum. Un giallo molto nordico, non solo per l’ambientazione norvegese, ma anche per uno stile limpido e, a tratti, glaciale.
Perché Toni Servillo sia dotato della parola, proprio non si sa. Il più delle volte non gli serve parlare: bastano i suoi sguardi, le sue occhiaie, le sue rughe. Le sue rughe, ripeto. La storia, questa in particolare, riposa lì, nei suoi tratti duri e incupiti che danno il perfetto volto all’ispettore napoletano, trapiantato in Friuli, protagonista di questa sorprendente prima prova di Molaioli.
E’ il Friuli, qui fotografato in vesti particolarmente nordiche, a essere il legame più esplicito tra il film e il libro d’origine, Lo sguardo di uno sconosciuto. In quest’ultimo ci sono la Norvegia e un paese adagiato su un grande fiordo. Non c’è una reale lontananza tra i due luoghi, che appaiono, allo stesso modo, nebbiosi, freddi e immersi nel tipico provincialismo senza pretese dei posticini isolati.
Così pure per la storia c’è grande somiglianza: le “5 W” dell’assassinio (Who Where Why When e What) sono del tutto identiche. Una bambina ritenuta scomparsa scopre un cadavere di una giovane donna sulla riva di un piccolo lago. Un lago che si dice stregato e abitato da un serpente scappato dalla chioma di Medusa. Le indagini sulla morte della bella ragazza scoperchiano un formicaio di brutture nascosto sotto i placidi tetti del paesello. Qui emerge la prima bravura del regista e della scrittrice: è, infatti, ben condotto il parallelismo tra l’omicidio e le vicende private dell’ispettore Servillo, che si trova costretto a “indagare” anche dentro la sua vita, il cui tormentato cammino lo taglieggia e prova a gambizzarlo.
Anche l’ispettore Sejer, alter ego d’inchiostro, ha alla base della propria perspicacia quasi una maledizione che molto influisce nella condotta della sua esistenza. Espediente moderno e riscontrabile in tanta letteratura poliziesca contemporanea. I modi della Fossum hanno la buona creanza di un giallista di fama mondiale come Henning Mankell, anch’egli scandinavo, e si avvicinano piacevolmente ad autori nostrani come Biondillo, Vichi e Carlotto.
Molaioli, dal canto suo, gestisce egregiamente la vicenda, frammentata tra dimensione pubblica e privata del protagonista, e ben sostenuta da una colonna sonora votata all’elettronica e alla sincope, capace di restituire l’atmosfera mai semplice di chi deve redimere se stesso e, insieme, le persone su cui è chiamato a indagare. Tutto questo si sfaccetta sulle rughe di Servillo, si anima sulle sue labbra così avare da non aver bisogno di parlare molto o di mostrare i denti, né per un sorriso, né per un urlo di rabbia.
Lo sguardo di uno sconosciuto, romanzo di Karin Fossum, 1996
La ragazza del lago, regia di Andrea Molaioli, 2007
A cura di Stefano Aldeni
la sottile linea rossa ::