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cultura dell'immagine e della parola

Foo Fighters – The Pretender

Canzone: The Pretender
Regia: Sam Brown
Artista: Foo Fighters
Album: Echoes, Silence, Patience & Grace
Anno: 2007

Sam Brown: nome semi sconosciuto, regista di alcuni tra i video più passati, che, volente o nolente, ti rimangono in testa, complice un pezzo musicale forte, che torna sempre con quel ritornello così azzeccato.
E allora Turn your car around di Lee Ryan, You’re beautiful di James Blunt, How To Save A Life di The Fray.
Si impara sempre qualcosa a osservare uno chef mentre cucina dei buoni piatti.

Questione di spazi

Il pezzo fa la sua parte e, a dirla tutta, è perfetto: mix accattivante tra incisività pop e ritmica rock, The pretender si disegna attorno uno spazio a scalini, percorrendoli uno ad uno, salendo più in alto, per raggiungere la cima di un ritornello tutto in corsa. Spinge orizzontalmente, di continuo, verso un tono più acuto, verso pennate che riempiono sempre di più, verso una batteria pronta a segnare il punto di non ritorno.

Attorno si costruisce naturalmente un luogo fatto di dettagli e ampi campi grandangolari: luci fredde, pavimento bianco, una linea nera a dividere e quadrare lo spazio indefinibile, un rettangolo rosso che misura l’altezza gigantesca della sala.
Gli uomini-musicisti, piccoli, quasi inghiottiti, entrano, prendono possesso del mondo attraverso gli strumenti, armi pronte all’attacco.
La macchina osserva con movimenti geometrici e svelti, disegna limiti e muri lì dove non c’è altro che infinito: rende visibile la musica.

Questione di tempi

Non si fa altro che attendere l’Evento, la fine di tutto, l’Apocalisse. Lo spazio asciugato da qualsiasi ombra diventa Il momento, dove bene e male si affrontano.
Ad ogni ritorno, che è come un grido, il nemico appare, sempre più numeroso, ordinato e di nero vestito, riconoscibile e alieno in quel totale biancore. L’attesa è guardata, meglio, travasata negli occhi del cantante con la furtivià invadente della macchina da presa: sta sbirciando quel secondo che sarà fatale.

Poi, epico e guerresco, Il momento arriva sulle ali di un ralenti cullato dal silenzio degli strumenti ritmici, sopra il velluto della voce di Dave Grohl.
Tutta la violenza che spinge e si oppone, esplode in mille pezzi, in un rosso che è sangue e passione, seguita da un movimento di macchina che è uno sguardo, il guizzo di un secondo: immagine e musica si avventano contro il Male come l’ascia sulla porta di Wendy.

Il boato è così assordante che nulla rimane dopo, nulla che valga la pena di essere visto. Ogni cosa si confonde, cede il passo, si macchia e scompare.
Ma in quei 3 minuti e 21 secondi, forse, il mondo è cambiato davvero.

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