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cultura dell'immagine e della parola

Emily Haines
Our Hell

Canzone: Our Hell
Regia: Jaron Albertin
Artista: Emily Haines & The Soft Skeleton
Album: Knives Don’t Have Your Back
Anno: 2007

Braccia al cielo, una donna dalla faccia di maiale, braccia al sole, senza proteggersi, si lascia guardare-immolare in un gesto antico, adorante, naturalmente religioso.
La spiaggia nera diventa il luogo perduto dove colore, chiarore, calore evaporano, lasciando le trasparenze di inconsistenti dannati, uomini e donne macchiati e osceni, dagli occhi vuoti e dalle labbra scheletriche.
Accendono fuochi di sigarette, rubano lo spirito scattando fotografie, piangono, vomitano, inghiottono liquidi come se si stessero sciogliendo nello Stige.

Come lampade di carta illuminate dal di dentro, i personaggi dell’inferno hanno perduto la consistenza della carne e i contorni del loro corpo sono diventati delle sottili pellicole di bianco e nero, dove il grigiore non è più una sfumatura, ma l’unica nota del vivere, prima di perdersi nel buio, nero pesto, prima di abbandonare il bianco, anima evanescente.

L’affilata figura di Emily Haines si fonde così con la sua voce fatta di sussurri, modellando una creatura stanca e consapevole di essere stata trasportata in un mondo indolente e monocromatico.
Lei, con la maschera diavolesca di un porco, e il clown, sterile e triste con il suo volto colorato, ci guardano: mettono in scena la loro paura e il dolore, l’impossibilità di salvezza è sui loro volti trasfigurati dai travestimenti.
Demoni inconsapevoli, ancora per poco, si perdono nel buio, uniti in un girone infernale, nell’attesa di passare dentro il nulla. E le preghiere, infine, finiscono.

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