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Il miglior dolore

Il miglior dolore

E’ nato un nuovo impiego nella letteratura contemporanea: il correttore di tombe. E’ questo ciò che fa, quasi ogni notte, Kaddish Poznan, con l’aiuto del figlio diciannovenne Pato e lontano dallo sguardo critico della signora Poznan, Lillian. Kaddish è il solo fra gli eredi della Società dell’Impulso Generoso, che fino agli anni Venti riuniva prostitute e ruffiani ebrei, a essere orgoglioso delle sue origini. Gli altri figli e nipoti di quei benemeriti vogliono, invece, essere cancellati e mai più a loro associati; così, senza batter ciglio, pagano Kaddish per vedere eliminati i nomi, i cognomi ed eventuali particolari abilità, dalle lapidi di quelle pecorelle enormemente smarrite.

Kaddish, che per penitenza porta il nome della preghiera ebraica per i defunti, e la sua famiglia, rispecchiano il loro maltrattato popolo solo nei grandi e curvi nasi che li precedono ovunque vadano. La loro vita di normale famiglia inosservante va in pezzi, quando decidono di recidere quell’unico legame con la tradizione: a seguito di un accordo di pagamento tra Kaddish e un noto chirurgo plastico, ai coniugi Poznan vengono forniti due sontuosi nasi nuovi. Fatalmente Pato, il loro unico figlio, rifiuta quella scelta e dopo poco tempo, senza alcun apparente motivo, diventa uno dei primi desaparecidos del regime militare. L’amatissimo figlio è scomparso, prelevato di giorno, con una tranquillità inaudita, e i genitori non hanno nemmeno più il loro naso di famiglia per ricordarlo.
Il romanzo qui prende una piega che può prendere allo stomaco: Kaddish e Lillian si addentrano nella Buenos Aires sempre più disfatta e balbettante di quegli anni, stazionano, lungo quella disperata corsa, in vicende sempre più drammatiche, coinvolte e coinvolgenti, sempre più vicini alla verità. I labirinti della più disumana burocrazia li inghiottono, all’interno del famigerato Ministero dei casi speciali.

Lo stile e l’oggetto del romanzo di Englander richiama, con forza, i film di Marco Bechis (Garage Olimpo, 1999 e Hijos – Figli, 2001) e le grandi narrazioni familiari di Isaac Bashevis Singer. Gli stessi tremendi stritolamenti della sorte e l’incomprensibile logica, mai così non superiore, sfociano, nel libro, in una scena mirabile e suggestiva: Kaddish, per cercare di salvare il figlio da sé stesso, brucia i suoi libri “sbagliati”, proprio come, non molti anni prima, i più grandi nemici del suo popolo. Un capovolgimento di prospettive che urla tutta la grottesca, kafkiana, realtà che invade, fin anche al semplice respiro, i protagonisti di questo romanzo. E noi, senza dubbio. Il lettore, leggendo, non è più il ricreatore di mondi voluti o cercati dallo scrittore, ma inciampa e cade dentro un luogo che è molto più tragicamente storico che letterario. Perfino l’amore dilaniato di una madre per un figlio ha il peso del dettato di qualcosa che è stato veramente. Un peso costruito e sorretto dalla matita di Englander che, con una tecnica leggera ma mai retorica o blasfema, annerisce gli spazi lasciati vuoti da una vicenda che s’impone di per sé e che vuole essere raccontata.

L’autore
Nathan Englander è nato a New York nel 1970. Trasferitosi in Israele, è quindi tornato negli Stati Uniti e vive oggi a Brooklyn. E’ autore della fortunata raccolta di racconti Per alleviare insopportabili impulsi, che ha ricevuto larghi consensi sia dal pubblico che dalla critica. Il ministero dei Casi Speciali è il suo primo romanzo.

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