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cultura dell'immagine e della parola

Nascondiglio al Lido
Diario, 5° episodio

Si entra al PalaLido, pronti per la fisioterapiaQuando sarà finita la Mostra avrò bisogno di una serie di sedute dal fisioterapista. Penso infatti di aver sperimentato più posizioni sulle poltrone del PalaLido che gli amanti di Help Me Heros nel film più scandaloso del Concorso. A differenza loro, io però non parlo di sesso, ma di gambe incastrate tra le file di un cinema. Per fortuna arrivo a stento a 1 metro e 75, colleghi più alti avrebbero ieri voluto approfittare dei massaggiatori dell’Inter, a Venezia per il documentario su Giacinto Facchetti, per qualche seduta rilassante.

Parlando di cinema (ogni tanto forse dovrei farlo) oltre al film taiwanese questa mattina ho assistito, trascinato al coperto da un vento e da una pioggia che hanno travolto tutta l’area del Lido, alla proiezione del secondo film italiano in Concorso, Il dolce e l’amaro di Andrea Porporati. Va di moda, in questi giorni, parlare di presunta o meno crisi del cinema di casa nostra. In realtà se ne parla da decenni, da quando la generazione dei Fellini e dei Visconti ha terminato il suo ciclo. Ora, che si tratti di crisi o meno, è un dato di fatto che finora i due film italiani siano stati i più deludenti della selezione. Porporati racconta una storia interessante, ma rimane in dubbio se concentrarsi sul poliziesco (finendo nei territori pericolosi della fiction) o sul personale, che risulterebbe più convincente ma alla fine risulta solo abbozzato. Confidiamo a questo punto in Vincenzo Marra, sperando che, per una volta, ci sia due senza tre.

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