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Intervista a Cristian Mungiu

Il vincitore della Palma d’Oro a Cannes parla del suo film in uscita, 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni.

Da dove ha preso spunto per la sceneggiatura?

La sceneggiatura prende spunto dal quel genere di esperienze personali che la gente normalmente non condivide con gli altri. Con coloro che sono entrati in contatto con la mia storia è accaduto qualcosa di inaspettato: una volta ascoltata, avevano una storia personale di questo genere da condividere. All’improvviso tutti avevano qualcosa da dire su questo argomento. Ero sorpreso nello scoprire quanto queste storie siano comuni e tenute nascoste. Non le ho usate nel film – ho seguito solo la storia che conoscevo meglio – ma mi hanno aiutato a comprendere quanto il fenomeno fosse diffuso.

Com’è avvenuta quindi la scrittura del film?

Ho scritto la prima stesura a luglio 2006. Era molto più lunga della versione finale – contava circa 160 pagine e descriveva con maggiore ricchezza di particolari le mattinate delle ragazze nel dormitorio per studenti. Comprendeva anche la visita del padre di Gabita l’unica scena che è stata girata e poi tagliata in fase di montaggio. Ho deciso di sacrificare una buona scena con molti suggerimenti relativi all’influenza dei genitori sulle decisioni dei personaggi – in favore di una coerenza narrativa. Nel frattempo, Otilia si era imposta con autorità come il personaggio principale. Durante le riprese ho iniziato a riscrivere soprattutto i dialoghi, ma non solo. Riscrivo sempre le scene quando conosco la location e dopo aver fatto una lettura dei dialoghi con gli attori. Ho continuato ad aggiungere sostanza all’anima del film – le scene con il signor Bebe – e ho dato libero sfogo al ritmo mozzafiato della parte finale.

Qual è il contesto storico in cui si è sviluppata la narrazione?

Nel 1986 è entrata in vigore in Romania una legge che vieta l’aborto. Gli effetti sono stati immediati: nei primi anni settanta, c’è stato un decisivo incremento del numero delle nascite, numero nettamente superiore al periodo precedente, il 1966. La media del numero dei bambini in una classe è aumentato da 28 a 36. Il numero delle classi nelle scuole è aumentato da 2/3 a 9/10. Quando andavo a scuola, in classe mia c’erano sette Cristian – non c’erano abbastanza nomi per tutti… Le donne hanno iniziato quasi subito a far ricorso all’aborto illegale. Alla fine del comunismo, fonti affidabili affermano che oltre 9000 donne sono morte a seguito di un’interruzione di gravidanza nel periodo 1966 – 1989. In quel contesto, l’aborto aveva perduto ogni connotato morale e veniva invece percepito come un atto di ribellione e resistenza contro il regime. Dopo il 1989, una delle prime misure prese nel paese libero è stata quella di legalizzare nuovamente l’aborto. Ne sono conseguiti quasi un milione di aborti nel primo anno – un numero nettamente superiore rispetto a qualunque altro paese europeo. Ancora oggi in Romania l’aborto viene usato come metodo contraccettivo, con oltre 300.000 interventi ogni anno.

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Quello trattato è un periodo vicino ma che sembra comunque distante…

Gli anni Ottanta sono già considerati “in costume”. Da allora le città sono cambiate drammaticamente. A Bucarest il numero delle macchine è aumentato di sette volte, la città è ricoperta di pubblicità dai colori sgargianti e la maggior parte dei palazzi possiede l’aria condizionata, le antenne paraboliche, gli infissi in alluminio e così via. Alla fine degli anni Ottanta le strade non erano illuminate, c’era un unico canale televisivo che trasmetteva solo per due ore, pochissima benzina per le auto, tutto era immerso in un’atmosfera tetra e grigiastra. Questo spiega la gamma cromatica del film.

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