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Harry Potter al cubo

Che la magia abbia inizio di Silvia Poli

Harry Potter è cresciuto, ha ormai quindici anni, e si trova a dover combattere con il più grande nemico di tutti i tempi: l’adolescenza, età contemporaneamente meravigliosa e terrificante, caratterizzata dal primo amore e da quella terribile sensazione di incomunicabilità e incomprensione che si sviluppa soprattutto, ma non solo, nei confronti degli adulti.
J. K. Rowling riesce, con la dolcezza e la vivacità che la contraddistinguono, a raccontare il mondo dei teenagers, e non importa che abbiano una bacchetta oppure no, i problemi, le consolazioni, le disillusioni e la passione sono assolutamente gli stessi.

Il giovane Harry è sempre stato presentato evidenziando i suoi aspetti più umani (le arrabbiature, le passioni, i desideri), sia dalla Rowling, sia nei precedenti film. Anche in quest’ultimo caso non è cambiata la prospettiva ma, complice il fatto che la storia si svolge in buona parte a Londra (quindi non più in un luogo immaginario), si viene a creare un indelebile legame tra realtà e magia, ben più forte di quanto non sia mai avvenuto in precedenza.
La Rowling non delude e i romanzi vanno lievitando: in questo libro (che è il quinto, datato ormai 2003) il mondo di Harry è ancora più ricco di personaggi, di storie e retroscena. Quasi troppo, perchè la curiosità è tanta e il lettore è smanioso di sapere. Per questo spesso è soprattutto a una seconda lettura, appagata la sete di conoscenza, che ci si sofferma con più gusto sulle divertenti trovate e sugli intricati intrecci. Non che ci siano pause lunghe o cali di patos, anzi, i capitoli vengono divorati, inghiottiti praticamente interi! Proprio per questo
però si rischia di non ricordarne più tutti gli incredibili sapori.

Considerate le 809 pagine del tomo, non dev’essere stato facile per il regista David Yates (ormai il terzo della saga) ricavare il succo della storia e renderla autonoma da tutto quello che non si ha il tempo di raccontare. E si riapre una diatriba di vecchia data: l’insoddisfazione dell’appassionato che desidera utopicamente un film del tutto fedele all’originale, che non tagli nessuna scena, che non elimini nessun dettaglio e che sia all’altezza delle proprie altissime aspettative.
Inutile discutere con i fanatici, non li convinceremo mai che il lavoro di Yates è di ottima qualità: il film è sufficientemente indipendente dal libro da non presentare buchi logici o incongruenze. Certo, è meglio arrivare preparati per godersi appieno la trama senza dover prestare eccessiva attenzione alle varie spiegazioni che si susseguono durante il film e soprattutto per evitare di tediare il compagno di cinema, che sicuramente ha più voglia di godersi lo spettacolo che di aggiornare l’amico ignorante.
Il regista si è divertito a disseminare richiami e accenni alle storie parallele, piacevoli ma accessibili solo da chi conosce i romanzi. La scelta delle attrici per i due nuovi ruoli di rilievo del film non poteva cadere meglio: Imelda Staunton, famosa per Il Segreto di Vera Drake (2004) , interpreta la professoressa Umbridge, mentre Helena Bonam Carter incarna la crudelissima Bellatrix Lestrange.

Nonostante la bravura dei vari attori che si sono succeduti nei capitoli
precedenti è sicuramente questa la cima più alta toccata fin’ora. Ormai si aspetta con ansia il verdetto finale sulla vita di Harry Potter: il settimo e (probabilmente) ultimo libro, Harry Potter and the Deathly Hallows, è stato pubblicato il 21 luglio di quest’anno, ma in italiano non uscirà prima di quest’autunno. Per chi non conosce l’inglese sarà una grande fatica aspettare tanto.

Epiche normali di Stefano Aldeni

Harry Potter s’innamora. S’innamora e bacia la fortunata. S’innamora, bacia e quasi si fidanza. Quasi. Nel quinto libro delle sue avventure, Harry Potter e l’Ordine della Fenice, il giovane mago
è calato nel pieno dei problemi adolescenziali legati al primo amore. La Rowlings porta al culmine l’opera di normalizzazione del suo personaggio, cercando di distaccarlo dall’epica battaglia tra Bene e Male, in cui è impegnato e di avvicinarlo ai lettori, anche a quelli più giovani.
La scrittura del romanzo è assai minuziosa (merito anche dei numerosi personaggi) e di questo, analizzando il film, occorre tenere conto. Allo stesso modo occorre ricordare quanta sia la precisione dell’autrice nel far intervenire i personaggi chiamati ciascuno per nome e cognome, e caratterizzati da una sorta di “azione personalizzata” ripetuta ad ogni apparizione: la Rowlings fa dell’affetto (o dell’odio) dei lettori verso ogni singolo personaggio una delle sue vie al successo maggiormente riuscite. Cerca una concreta immedesimazione, sia basandosi sulle caratteristiche del personaggio inventato, sia sulle verosimilissime componenti psicologiche di Harry, Ron, Hermione etc.

Il film “raffredda” tutto questo, tagliuzzando la storia amorosa e banalizzandola in una sorta di silenzio-assenso. Il regista David Yates sembra ammiccare agli spettatori ben informati, come a dire: “Lo sappiamo tutti cosa succede, quindi possiamo non parlarne”. Succede lo stesso anche per altri elementi cruciali del libro: sono affrontate in modo sbrigativo sia la spiegazione di cosa sia l’Ordine della
Fenice (che pure dà il titolo al film), sia in cosa consista la Profezia
(ovvero il legame originario tra Harry Potter e il suo nemico, Lord Voldemort).

Probabilmente il regista, in questi e in altri casi, ha dato per scontato che la quasi totalità degli spettatori avesse anche tenuto per un certo periodo il libro sul comodino. Giusto o sbagliato? Come detto, per questo film lo spettatore è quasi sicuramente un alunno che ha
studiato (alla prima proiezione pubblica, il bacio tra Harry e la sua amata Cho Chang ha suscitato gridolini e applausi liberatori a stento trattenuti…), quindi perché no? D’altro canto, il film è sempre un’opera autonoma e così dovrebbe restare a prescindere dal volume delle vendite, dal successo o dalle esigenze di chi paga il biglietto (e ha letto il libro).
[img4]In più, questo quinto Harry Potter di celluloide è in ogni caso una figura un po’ indigesta, bloccata com’è nelle tipiche debolezze del giovane eroe, intento a muoversi in un mondo fatto solo di Bene e Male. Una sorta di bianco e nero.

Al contrario del tentativo di partenza fatto dalla Rowlings, non solo il mago, interpretato da Daniel Radcliffe, evidenzia una mancanza di naturalezza essenziale, ma anche l’intera scansione delle scene soffre dello stesso male e si avvertono distintamente gli “andare a capo” tra una scena e la successiva. Il motivo si può dedurre dal robusto impiego di forbici e di colla, di scarsa qualità, però: è giusto tagliare, ma che almeno si tagli bene.

Harry Potter e l’Ordine della Fenice, romanzo di J. K. Rowling, 2003
Harry Potter e l’Ordine della Fenice, regia di David Yates, 2007

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• Recensione del film Harry Potter e l’Ordine della Fenice (2007)

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