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Il destino di una donna

Il destino di una donna

Tuya è una donna forte, abituata al sacrificio, arsa dal sole ed erosa dalle tempeste, come le rocce del deserto in cui vive. Tuya è madre e moglie, donna e uomo. E proprio come un uomo, accetta le responsabilità, affrontandole stoicamente. Ma Tuya ha, prima di tutto, un animo femminile, che la porta a essere devota ai figli e rispettosa nei confronti del marito. E’ una vittima sacrificale di un’esistenza crudele, che le impone di sopportare le fatiche del lavoro duro. Ma, soprattutto, è vittima di se stessa, del religioso rispetto nei confronti dei suoi valori, che la spinge a non rivelare ciò che veramente vorrebbe per sè. E così vive ogni giorno la sua personale condanna, accanto al marito Bater che non può più lavorare a causa di un incidente. Tuya è l’unica in grado di poterlo sostituire, percorrendo ogni giorno spoglie strade disperse nel deserto, accompagnata dalla sola presenza del suo mulo.

I suoi estremi sacrifici rischiano però di tradirla e di condannarla all’immobilità. La sola soluzione che resta alla famiglia è spezzare quel legame. Il marito stesso invoglia Tuya a cercare un nuovo compagno. Ma la ricerca sembra non dare i frutti sperati, perché nessun pretendente è disposto a vivere anche con Bater.
Quel legame ancestrale con la famiglia e con il marito, però, non lasceranno mai l’animo di Tuya, neanche quando la sua vita sembrerà aver preso la piega giusta. L’amore per le proprie radici, per il proprio nucleo, per la propria terra è pesantemente radicato dentro tutti questi personaggi. Si tratta di un legame antico, che non può essere distrutto tanto facilmente. Tuya lo sa e, proprio per questo, decide di far ritorno alla sua vita di sempre.
La città, con le sue strade asfaltate, le luci, i rumori, non riesce a conquistare l’animo nobile di una donna antica e moderna al tempo stesso. Il suo rispetto così forte verso la terra e la famiglia potrebbero essere etichettati come chiari segni di debolezza di una donna abituata a una mentalità arretrata e tipicamente contadina. In realtà, la scelta di Tuya dimostra la sua grande emancipazione. L’amore per le proprie radici e la scelta di non volerle abbandonare sono il segno della sua lotta personale, della sua opposizione ad un governo che, pur di favorire l’espansione industriale, permette che i terreni da pascolo siano soggetti alla desertificazione e, di conseguenza, impone ai contadini di lasciare le loro terre.

Tramite questa storia di nobiltà e coraggio, il regista Wang Quanan riesce a raccontarci molto dell’attuale situazione della Mongolia interna cinese, che oscilla tra tradizione e modernità. Tra l’altro è davvero significativo che tutti gli attori, a parte Yu Nan nel ruolo di Tuya, siano veramente dei pastori di cui è stato mantenuto anche il nome originale.
Il matrimonio di Tuya è, quindi, un film sulla sorte di una terra, o meglio, è la storia del destino di una donna. Tale destino, a partire dal titolo del film, è già segnato: il suo matrimonio avrà compimento, eppure, anche in quel momento di festa, nulla riuscirà a cancellare il suo profondo disagio e la sua solitudine. Forse è solo a questo punto, quando finalmente riesce a trovare un angolino solo per se stessa, che Tuya riesce a trovare la sua pace, grazie a uno splendido pianto liberatorio.

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