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cultura dell'immagine e della parola

La Tv dello scandalo

Alla fine noi italiani risultiamo simpatici proprio per questo; perché siamo degli enormi cialtroni.
Siamo quello che siamo, in fondo. Sedicenti custodi della morale, con un piede in Vaticano e uno nel cinemino porno sotto casa. Moralisti a corrente alterna, maestri nella complicata arte di schiantare i nostri eroi nella polvere per poi risospingerli sull’altare al primo cambio di vento. Gente che odia farsi i beati fatti suoi. E allora, che vi aspettate che faccia la nostra Tv? Nell’era del marketing, in cui lo spettatore è prima di tutto consumatore, il teleschermo fa il suo dovere. Ci asseconda e (nel frattempo) ne approfitta per venderci i suoi prodotti. Tanto si sa, è dai tempi del panem et circenses che ci confermiamo ingenui e mansueti come le mucche da latte.

C’era una volta lo Star System, nato come il “metodo per creare e promuovere le stelle del cinema classico hollywoodiano”. C’erano i divi. C’erano James Dean, Marilyn e Cary Grant. Poi l’industria ha preso il sopravvento, e anche le star sono diventate beni di consumo.
Più accessibili, più vicini a noi. È finita l’epoca dei giganti: i nuovi miti sono piccini, entrano perfino nei quattordici pollici di un televisore.
Il commercio della loro immagine, a livello popolare, ha preso il nome di gossip.
Noi italiani, dal canto nostro, abbiamo dimostrato di apprezzare il genere. Lo abbiamo prodotto e consumato, dalle pagine dei rotocalchi alle rubriche pomeridiane sulle reti pubbliche e private. Se ripenso alla prima volta che ho letto un giornale, mi viene in mente una pagina di Oggi che parlava degli amori di Andrea d’Inghilterra.

Fin qui niente di male, ci mancherebbe altro. È il mercato e, anche se calpesta un po’ il buongusto, porta vantaggi a tutti. A chi ha scelto di essere personaggio pubblico, che vede la sua fama crescere. Ai media, che vedono la loro utenza aumentare. E anche al pubblico, che col crescere della domanda ottiene l’intrattenimento che desidera a un prezzo sempre più basso.
Il problema nasce quando le cose prendono una piega “italiana” e la situazione precipita nel grottesco. Quando il gossip comincia a infiltrarsi in ogni orifizio del panorama mediatico, in particolare per quanto riguarda il mezzo televisivo, quello più adatto a fare cassa di risonanza nei confronti del grande pubblico.
È in quel momento che saltano le regole, e ci si ritrova a guardare telegiornali pieni di tette e corna o – peggio ancora – figure istituzionali e politiche trattate alla stregua di vallette discinte all’uscita da una discoteca. Lì comincia la crisi, perché il gioco è bello soltanto finché si è tutti d’accordo sulle regole da seguire.

Guardando come la Tv tratta in questi giorni il caso Vallettopoli, e prescindendo dagli aspetti penali relativi allo spaccio di droga che andrebbero approfonditi esclusivamente nelle sedi deputate, non si può non restare turbati per come sia stato allestito un gigantesco baraccone col solo scopo di lucrare su una vicenda che ha la sua origine non tanto nella spregiudicatezza di un’agenzia fotografica, quanto nella moralità “pelosa” del pubblico e nell’opportunismo degli addetti all’informazione.
Mi riferisco ai telegiornali che cavalcano la vicenda esclusivamente negli aspetti più sordidi e ai programmi d’intrattenimento, che di colpo sembrano essersi tramutati in difensori del buoncostume solo allo scopo di continuare a cavalcare l’onda del gossip.
Basti pensare a un format glorioso come Striscia la notizia, che da quando ha deciso di trastullarsi col pettegolezzo vede il suo ascolto crescere di serata in serata. Sia chiaro, la colpa non è tanto degli autori, abili nel fare il bene (in termini di audience) della loro trasmissione. Il vero colpevole è proprio lo spettatore, che si finge indignato per una situazione che lui stesso, con le sue prurigini, ha creato e contribuito ad alimentare.

Pochi giorni prima di essere arrestato, Fabrizio Corona ha rilasciato alle Iene un’intervista i cui passaggi principali suonavano grossomodo così: «Io voglio arricchirmi. Ho visto che sul mercato c’era una forte domanda di un certo tipo di materiale e ho scelto di soddisfarla facendomi pagare tantissimo. Non ho una morale, cerco solo di stare nella legalità quanto basta per non farmi ingabbiare. [img4]Tutto questo conviene a me perché faccio tantissimi soldi, conviene ai vip perché rilancia la loro immagine e conviene alle ragazzine che si affidano a me che, pur essendo incapaci, in questo modo hanno la possibilità nel modo dello spettacolo». Il nocciolo di questa brutta storia sta proprio nel richiamo al mercato e alle sue leggi, semplicissime, di domanda e offerta.
Se gli italiani trovano ributtante il gossip, che smettano di consumarlo attraverso televisioni e giornali. Personaggi come Corona correrebbero a cercarsi un altro business e la moralità sarebbe salva. Ma questa, lo sappiamo tutti, è utopia.
Noi cialtroni amiamo fare così: ci copriamo gli occhi inorriditi davanti allo scandalo montato a nostro uso e consumo, stando però attenti a lasciare uno spiraglio tra le dita attraverso il quale continuare a guardare.

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