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Una simpatica canzone d’amore

Una simpatica canzone d'amore

La semplicità è l’arma vincente di questa commedia ca(nte)rina che non ha nessuna pretesa, se non quella di far divertire il pubblico con la “P” maiuscola. Scrivimi una canzone è un film che può piacere a tutti, e questo è di per sè un motivo di successo. Strizza l’occhio agli adolescenti (plurale, neutro, sia maschi che femmine) grazie al personaggio di Cora Corman, un pò Britney, un pò Christina. Guarda ai giovani e ai non-giovani fino ai quaranta perché Hugh Grant, al cinema, piace sempre, la Barrymore ha il visino dolce e fa le smorfiette da peluche, e soprattutto, questo abbraccia tutte le età, scardina il muro dei ricordi, tuffandosi nella piscina con l’acqua a scacchi bianchi e neri degli anni ottanta.

Un film che, prima dell’impatto commerciale (non roboante, ma efficace), funziona anche per i tempi comici, qualche spunto carino di sceneggiatura e per la morale di fondo che “in fondo” non è poi tanto male. L’amore, ci dice Lawrence attraverso Grant e la Barrymore, può essere un’esperienza che completa, non che aggiunge. L’uomo e la donna devono sintonizzarsi sullo stesso canale, ma poi devono viaggiare su binari distinti che seguono la stessa direzione. E per strapparci qualche sorriso in più, con qualche mezza lacrimuccia, Lawrence ci racconta l’amore come fosse una canzone, che necessita di musica e parole. Ecco la scintilla. Grant è musica, melodia, ritmo, istinto. Barrymore è parole, idee, rime, e pure lei, istinto. Una coppia che non t’aspetti, ma che riesce a far sorridere e che permette alla commedia di procedere grazie a un suo ritmo interno, non solo per merito degli attori. E la formuletta amorosa regge fino alla fine. L’amore è soprattutto questo: sintonia, sincronia e divertimento (felicità).

Infine, l’operazione vintage (che tra l’altro sfrutta pure il ritorno “alla moda” di un certo abbigliamento giovanile) è poi suggellata dall’esilarante video iniziale, che chiude anche il film, nel quale Grant interpreta Fletcher durante uno dei successi dei Pop, gruppo sulla cresta (è il caso di dirlo) dell’onda per qualche anno, che col tempo si è sciolto relegando Fletcher alla parte di cimelio musical-storico. Un’apertura che scalda e prepara lo spettatore ad una visione divertente, ma che forse spara le migliori cartucce proprio all’inizio.

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