America’s Next Top Model – Stagione IV
Su come un programma di mirabile e originale intrattenimento si sia ridotto, nella sua quarta stagione a mera e costruita ovazione di una tiranna…
Mi è sempre piaciuta Tyra Banks, una top model a tutto tondo, senza sbavature. Una donna tutta curve, fin troppo per una modella, una dura che per più di dieci anni ha dovuto sopportare le angherie della sua grande rivale: Naomi Campbell (e scusate se è poco).
Si, Tyra incarnava la speranza di ogni ragazza: diventare modella, giocare coi propri difetti, trasformarli in pregi. Tyra incarnava il sogno americano quando affermava: di donne molto più belle di me il mondo è pieno ma io ho imparato a far trasparire dal mio corpo una sensualità unica. Adesso Tyra non mi piace più, adesso Tyra è diventata “sistema” vestito di false promesse…
America’s next top model è il suo programma. Negli Usa è già alla settima stagione, in Italia alla quarta.
Quattordici ragazze della porta accanto si sfidano in un reality per diventare la prossima top model d’America: servizi fotografici, prove durissime ai limiti del disgustoso (tarantolaccie e serpenti sul corpo), tanta competizione e soprattutto l’inflessibile giudizio di una giuria di esperti di moda: Tyra, Janice Dikinson (avete presente l’ex super-model tossica che ha avuto un figlio da Stallone?), Nigel Barker e altri. Un inferno, una vera competizione, la rappresentazione in show di cosa sia il mondo della moda e dei sacrifici che richiede a chiunque vi voglia entrare. Una modella deve sapersi adattare a qualsiasi richiesta e situazione, reggere la tensione, sempre, dare il meglio di sé, sopportare. Poi, forse, se avrà la fortuna o il talento di Tyra, un giorno diverrà una top model. Talmente ricca da poter produrre un reality, talmente famosa da poter mangiare hamburger senza problemi perché ritoccare le sue foto, per i fotografi, è più un piacere che un dovere.
Così era partita la terza edizione del programma. Le premesse c’erano tutte: nessuno sconto alle aspiranti modelle, l’unica forza era credere in sé stesse.
Eppure in tutte queste regole, in tutta quella cruda realtà, persisteva l’idea del sogno americano. Quel sogno che consente a ragazze oversize di accedere alla competizione. Quel sogno per cui se non raggiungi il metro e settantacinque ma ti limiti a un uno e settanta puoi farcela, vincere e diventare la nuova Kate Moss.
Quel sogno per cui il tuo caratteraccio, epurato degli eccessi, può diventare l’arma principale per il successo. Così è stato. E la vincitrice, Eva, ha rinvigorito di forza e speranza la categoria delle “non abbastanza alte per la passerella”, alle quali nel mondo reale l’altezza non manca.
Un programma out of rules che viveva di regole, tentando di scardinarle dall’interno, con armi affilate e razionali. Un tentativo di imporre, attraverso i massmedia, un nuovo modo di essere modella, una nuova estetica, più avvicinabile ma non meno seducente. Tyra se ne era fatta portavoce: per lei certi canoni andrebbero aboliti, e allora via libera alla diversità.
Le concorrenti, da semplici ragazze subivano, con l’andar del tempo delle incredibili trasformazioni, nel corpo e nell’anima. Risultato? Bellissime, solari, piene di vitalità.
Un geniale fenomeno cool: viaggi in Giappone, vestiti, trucchi, tacchi alti, acconciature da super-eroina e il set fotografico che ti rende protagonista, una giuria terribile e spesso insultante.
Come mi piaceva Tyra.
Da quando ho visto la quarta stagione (su Canale 109, Sky Vivo), Tyra non mi piace più.
Quel sottile focoso gusto eversivo è svanito, la giuria si è rabbonita ipocritamente, più nelle parole che nei fatti, ciò che sembrava realistico è diventato inverosimile. Un eccesso, fatto di appartamenti principeschi (dove alloggiano le concorrenti), servizi fotografici sempre più patinati e freddi seppur con presunzione di originalità. La trama troppo costruita, fasulla. Il sistema moda irrompe nel reality, chiudendosi la porta alle spalle.
Fuori le ciccione (e per ciccione dicasi ragazze stupende, considerate magre nel mondo reale). E Tyra, che fino a poco prima difendeva a spada tratta le formose, esclama: «purtroppo è così..nel mondo della moda devi essere molto magra…certo io non sono d’accordo ma…»
La Dikinson, cattivissima stregaccia nella terza edizione, diventa fin simpatica…la parte del mostro la gioca la Banks e le viene bene.
Un inno a sé stessa, gigantografie di sue foto che incombono come modello inarrivabile dappertutto.
Nel suo programma comanda lei. Ha passato l’inferno per diventare ciò che è.
Se non sei forte, dura, quasi disumana (dico io)come lei, allora puoi fare i bagagli e tornare a casa. I parametri di giudizio fanno acqua dappertutto: salvano due volte una concorrente palesemente non fotogenica e eliminano quella col corpo più bello perché poco sensuale. Esaltano una ragazza che, colpita dalla morte di una sua amica, riesce, malgrado tutto, a farsi fotografare in una bara a due metri sottoterra.
«Devi trasformare il dolore in rabbia, se vuoi essere modella».
«Ti eliminiamo perché a nostro avviso non reggi la tensione, non sei pronta».
«Come ti permetti di lamentarti del taglio di capelli che abbiamo scelto per te? Io decido, ne ho facoltà e esperienza, questo è il mio programma».
«Non sei abbastanza sexy…devi essere più sexy…tu invece sei troppo sexy, sembri una pornostar…».
Insomma, per vincere bisogna essere disumane, senza sentimenti, senza cedimenti, senza opinioni. Ovvero senza personalità. Perché ormai l’unica personalità che conti è quella di Tyra, la tiranna.
Restano le concorrenti più insipide, schiacciate e imbruttite sempre più dal peso di un modello irraggiungibile. [img4]Quelle col carattere, tutte a casa (in qualche modo l’esclusione si giustifica sempre).
La tiranna impazza, come se temesse una reale concorrenza, il suo finto buonismo degenera in aggressività. «Io, io, io, io, io, io…» non si sentono altre parole uscire dalla sua bocca. Tyra sta mostrando il suo vero volto. Di quella splendida modella che comparì, prima tra tutte le nere, sulla copertina di Sport Illustrated rimane una trentenne imbolsita talmente provata e incattivita dalla vita da sembrare fin più vecchia dell’età che ha, sotto quel trucco esagerato, sotto quei capelli rosso fuoco sempre più artificiali, sotto quello sguardo freddo, indifferente.
Si, una volta mi piaceva Tyra Banks. Adesso mi fa quasi paura.
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