hideout

cultura dell'immagine e della parola

Christopher Paolini e la creatura tradita

Stefen Fangmeier, regista di Eragon, esprime in maniera sensibile la sua volontà di allontanarsi dal fantasy di tipo classico proposto dal libro di Paolini da cui trae origine. L’assenza dei nani (nel libro uno di loro era uno dei protagonisti) e una predilezione assoluta per le scene d’azione e di guerra rispetto a quelle più didascaliche, smascherano intenti soggetti più all’incasso che ad altro.
Paolini ha letto molto fantasy e si vede. La vicenda, come spesso accade, è semplice: il buono, dopo il momento rivelatore, lotta contro il male e il malissimo. Ma l’intreccio è tipicamente articolato, vengono riproposti i luoghi fantastici, la presenza di elfi e nani e i loro linguaggi.
Il film ha le buone peculiarità dei recenti film di genere: attori di livello, qui Jeremy Irons, John Malkovich e Robert Carlyle, affiancati a giovani ed esordienti. Una colonna sonora che alterna solennità, nei vari campi lunghi, e rapidità, nelle battaglie, aumentando il pathos in maniera mai eccessiva. Ottimi effetti speciali e una maestosa fotografia, frutto di un’accurata ricerca sul piano paesaggistico. Ma chi ha letto il libro, nota, soprattutto all’inizio, un’accelerazione dei tempi e una ricognizione frammentaria della crescita dei due protagonisti, Eragon e la sua dragonessa Saphira. Questo classico espediente non solo non riesce nell’intento di snellisce l’azione, ma favorisce una resa che in più punti risulta vuota e semplicistica.

Eragon, il libro, è narrativa per ragazzi, eppure conserva una sua ragione d’essere ben precisa. E’ un fantasy tipico, venuto dopo vari altri che hanno fatto assurgere il genere alla letteratura ufficiale (da J.R.R. Tolkien, a C.S. Lewis, alla Rawlings). E proprio per la sua genesi frutto di molte letture pregresse, il romanzo non apporta molte novità e sembrerebbe essere più l’opera di un grande lettore che quella di uno scrittore. Che il successo di Eragon non sia meritato? Paragonandolo all’“auctoritas” Harry Potter, si troverebbe anche più d’un argomento a dimostrazione di questo. E’ innegabile che, per quel caso, l’avvicinamento del mondo magico a quello reale abbia stuzzicato la fantasia e scatenato un affetto letterario come mai si era visto prima.
Ciò che invece unisce la Rawling a Paolini è una cristallina passione nell’inventare storie e, nel caso soprattutto del secondo, una genuinità che stupisce e un palpabile divertimento nello scrivere.
Il romanzo è uscito negli Stati Uniti a spese della famiglia, non certo magnati del petrolio ma piccoli editori, [img4]e inizialmente è passato inosservato. E’ stato però comprato e letto per caso da Carl Hiaasen, scrittore per adulti e ragazzi (pubblicato in Italia da Mondadori e Baldini&Castoldi n.d.r.), che lo ha introdotto nel mondo della grande editoria. In Italia è arrivato come libro già fornito di “spalle larghe” ed è stato pubblicato da Fabbri.

Nonostante la notorietà, il giovane autore ha mantenuto l’atteggiamento schivo di molti suoi colleghi nati e vissuti in tempi meno massmediatici.
Non appare, non scompare, non dichiara e non smentisce. Lascia ad altri il jet-set. Facile immaginare per chi le ragazze sospireranno: se per questo scrittore un po’ nerd o se per l’aitante protagonista della pellicola.

Eragon, romanzo di Stefen Paolini, 2005
Eragon, regia di Stefen Fangmeier, 2006

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»