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Robin Williams, ancora gay, ancora deejay

Robin Williams, ancora gay, ancora deejay

Quanto la trasposizione cinematografica di romanzi di culto abbia mietuto vittime eccellenti la storia mondiale del cinema lo sa bene. Se poi già l’opera letteraria non è rimasta negli annali della letteratura, l’impresa spesso e volentieri se possibile si fa ancor più ardua.
Non è l’eccezione che conferma la regola ma anzi ne è l’ennesimo esempio Una voce nella notte, mediocre thriller tratto dall’omonimo best seller semiautobiografico di Armistead Maupin, scrittore ben più noto per aver scritto la serie di romanzi I racconti di San Francisco.

La trama è semplice quanto di per sé intrisa di luoghi comuni che vogliono essere unpolitically correct e tremendamente contemporanei: un romanziere di successo gay con il blocco dello scrittore viene in contatto con un ragazzino che ha scritto un manoscritto in cui racconta i soprusi, le molestie e gli abusi sessuali subiti nell’infanzia. Una sorta di J.T. Leroy. Ma lo scandaloso Leroy già esiste: non rimane che tanto rumore per nulla.

Affidato all’insipida regia del quasi esordiente Patrick Stettner, la pellicola nelle mani di questo mestierante non assurge al livello di buon trhiller né tanto meno di film d’autore dalle tematiche scomode e trasversali.
Ben poco infatti si salva di questa insignificante quanto banale opera: le immagini si caricano di una cupezza eccessiva e compiaciutamente claustrofobica, la fotografia satura a più non posso ambienti già di per sé sufficientemente asfittici; alla parola sembra esser dato l’onore e l’onere di portare avanti tutta la pellicola, ma una sceneggiatura ora improbabile ora ordinaria toglie anche il pur minimo senso di suspence.

Unica nota davvero positiva il cast: sublime Toni Collette, che comunque forse mai tornerà ai livelli raggiunti in Le nozze di Muriel (Muriel’s wedding, P. J. Hogan, 1995) e sempre adeguato Robin Williams, già gay in Piume di struzzo (The birdcage, Mike Nichols, 1996) e già deejay in Good morning, Vietnam (id., Barry Levinson, 1987). Per il resto la pellicola rimane assolutamente trascurabile. Se non proprio da dimenticare.

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