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Intervista a Lars von Trier (seconda parte)

Ha avuto un produttore nuovo, Meta Louise Foldager, dopo tanti anni passati a lavorare con Vibeke Windeløv. È stata una transizione difficile?

No. Niente affatto. L’intero film era pronto per le riprese quando è arrivata Meta. È molto brava, ma è diversa. Con Vibeke, è stato come un matrimonio che doveva finire. Entrambi pensavamo di sapere cosa intendesse dire l’altro senza bisogno di parlarsi. Esattamente come nei matrimoni. Vibeke è stata bravissima ma vuole fare qualcos’altro.

Cosa cerca in un produttore ideale?

A ogni modo mi serviva un poliziotto cattivo. Prima di tutto ho bisogno di qualcuno che voglia veramente fare il film. Con Il grande capo volevo un produttore che fosse felice con un piccolo film quanto con uno grande.

Può dirci qualcosa sull’utilizzo di questo nuovo procedimento, “Automavision”?

Per molto tempo i miei film sono stati tenuti alle redini. Sono un fanatico del controllo e nessuno può padroneggiare totalmente le inquadrature e le immagini. Era più semplice saltare tutte le inquadrature e optare per una camera a mano. Con Automavision, si trattava di inquadrare prima l’immagine per poi spingere un pulsante del computer. Questo ci avrebbe fornito una serie di casualità. Non ero io a tenere il controllo, ma il computer.

Abbandonare il controllo della cinepresa dovrebbe essere quasi come abbandonare un arto. Sicuramente non è una decisione che ha preso alla leggera.

Oh, sì, l’ho presa con molta leggerezza. Avevo bisogno di una forma che si confacesse alla commedia. L’ho trovato un modo molto innovativo di lavorare. Sono un uomo dalle mille brame, ma fare cose strane con la cinepresa non fa parte di queste.

E come si è trovato con questa tecnica?

La cosa positiva è che lo stile non è uno stile umano. È privo di intenzioni. La regola era che se non mi fossero piaciute le proposte del computer avrei potuto rifiutarle ma poi avrei dovuto premere nuovamente il pulsante. Non temevo tanto il fatto che fosse impossibile fare il film, quanto piuttosto il fatto che non sarebbe stato preciso. Abbiamo chiamato il computer Anthony Dod Mantle (dal nome del vecchio direttore della fotografia di Lars von Trier – n.d.r.) L’idea originale era che avremmo dovuto nascondere la cinepresa agli attori e filmarli attraverso un doppio specchio, ma avevamo troppa poca luce. Non abbiamo potuto farlo.


Agli attori è piaciuta questa tecnica?

Qualunque bravo attore può adattarsi in pochissimi secondi. Abbiamo fatto le riprese con uno zoom e gli attori non erano in grado di capire quale obiettivo stessimo usando, ma comunque sarebbe stato meglio se avessimo potuto nascondere la cinepresa.

Pensa che Automavision sia uno stile che possa essere apprezzato dal pubblico?

Non è uno stile per cui il pubblico potrebbe fuggire urlando. Il 70% degli spettatori non se ne accorgeranno neanche. Ma non può essere utilizzato per le riprese di animali. Abbiamo avuto l’elefante per un quarto d’ora e abbiamo premuto e ripremuto quel dannato pulsante all’infinito! Ogni volta che avevamo un buon ciak, l’elefante si era già allontanato dal set.

Cosa cerca in un attore cinematografico?

Se un attore pensa di poter controllare la sua parte in un film da solo, allora si sbaglia. Il montaggio e l’intera produzione del film sono qualcosa che non può controllare. Il montaggio è uno strumento molto efficace. Penso che il miglior servizio che si possa rendere ad un attore è farne uso. Meno un attore è fisso prima delle riprese, meglio è. Un trucchetto che uso è quello di riprendere una scena in molti modi diversi. Ciò significa che in fase di montaggio ho molto materiale diversificato, maggiori sono le inquadrature e il modo di interpretare le scene di un
attore e meglio è. Questo può creare qualche confusione. Penso ci sia una grande differenza tra uomini e donne. In qualche modo, le donne normalmente sono più propense a credere che utilizzerai il materiale nel migliore dei modi.

In passato ha affermato di trovarsi meglio con le attrici che con gli attori. Qui lei lavora con degli attori. Il capo avrebbe potuto essere una donna?

La parte della commedia in The Kingdom era condotta da uomini. Forse penso che gli uomini siano più divertenti delle donne. Poiché sono un uomo, è facile per me conoscere le loro aspettative.

Ha mai visto la serie inglese The Office?

Non l’ho guardata di proposito perché sapevo che avrei fatto un film ambientato in un ufficio, ma ora la vedrò. Ne ho sentito parlare molto bene..

Perché ha girato in un ufficio vero?

Avevo dato un’occhiata al film di Antonioni, La notte. Volevo che fosse un posto molto triste. E lo è.

Gambini, il drammaturgo citato alla fine del film, esiste davvero?

No, non esiste. Stavo ritornando da Cannes e ho visto un grande camion pieno di cibo che portava la dicitura Gambini…e ho pensato “perché no?”. Ma alludo a Ibsen. Ho pensato che fosse molto divertente quando veniva chiamato stronzo. Puoi avere molte idee su Ibsen ma l’idea che sia uno stronzo è alquanto strana. Il film che guardano è Lo specchio di Tarkovsky. È uno dei miei preferiti in assoluto. Penso di averlo visto venti volte.

Continuerà a fare piccoli film?

Attualmente, ho delle idee gigantesche, ma al momento sono solo idee. Vediamo che genere di film diventeranno. Finire la trilogia (iniziata con Dogville e Manderlay e da concludersi con Washington) è una di queste, ma non credo che accadrà adesso. Adesso cammino per i boschetti con il mio iPod e sogno.

• Vai alla prima parte dell’intervista

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