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Intervista a Mel Gibson

Il sempre discusso regista Mel Gibson parla del suo ultimo film, Apocalypto, ambientata nel cuore della civiltà Maya.

Qual è stato l’obiettivo di questo film?

Volevo un film di azione e avventura dai ritmi molto veloci, in cui accade continuamente qualcosa di nuovo. Ero affascinato dall’idea che la maggior parte della storia sarebbe stata narrata a livello visivo, e che avrebbe colpito il pubblico nella sfera più viscerale ed emotiva. Dal momento in cui ha inizio la storia, quasi tutto ciò che si vede sullo schermo è movimento. In ogni inquadratura la cinepresa è in movimento e c’è sempre qualcosa che si muove anche all’interno della sequenza in movimento. Volevo che il pubblico si sentisse completamente parte di quel periodo storico, volevo cancellare qualsiasi traccia del XXI secolo, e al tempo stesso, a livello cinematografico, ho ricercato quel frenetismo cinetico tipico dei tempi moderni: un risultato molto difficile da ottenere.


Cosa l’ha colpita maggiormente della civiltà Maya?

Ero in cima al tempio di El Mirador in Guatemala, nell’unica foresta pluviale sopravvissuta nel paese, e riuscivo a distinguere i contorni di ventisei città, tutte intorno a noi, disposte come un orologio. Si vedevano le piramidi che spuntavano dalla giungla in lontananza. Era pazzesco. Si percepiva ancora benissimo quanto sia stata potente, un tempo, questa civiltà. Da un lato erano così sofisticati e dall’altro così selvaggi. Ma una delle cose più interessanti è che avevano la consapevolezza che la loro società sarebbe sorta e quindi tramontata. Come in una profezia, si rendevano conto che una società può prosperare e poi crollare in un periodo di circa cinquecento anni.

Cosa è rimasto oggi di quella cività?

Nel corso della storia, i motivi della caduta di una civiltà sono sempre stati gli stessi e una delle cose che continuano a emergere mentre scrivevamo è che molti degli eventi che hanno preceduto la fine della civiltà Maya, sono gli stessi che si verificano nella nostra società oggi. Era importante per me tracciare questo parallelo affinché si comprenda che questi cicli si ripetono continuamente. La gente pensa che l’uomo moderno sia totalmente illuminato, quando in realtà siamo vittime degli stessi problemi ma anche capaci dello stesso eroismo e trascendenza

Tornando al film, il cast scelto è quasi completamente esordiente…

Esatto, molti attori del cast non avevano mai visto un film prima di allora. Ma quello che volevamo catturare erano gli istinti primari e le reazioni naturali, che per me sono i più toccanti ed emotivamente reali. Volevo qualcosa di autentico e credibile. [img4]La storia diventa molto più realistica e convincente quando non si hanno punti di riferimento rispetto alle interpretazioni a cui si assiste. Ma questo non significa che non ci siano performance stupefacenti.

Come mai, dopo La passione di Cristo, ha ripetuto la scelta di far recitare il film nella lingua originale di quella civiltà?

Penso che l’ascolto di una lingua diversa consenta al pubblico una totale astrazione dalla propria realtà, e una totale penetrazione del mondo del film. E, cosa più importante, il linguaggio esalta gli effetti visivi che sono una specie di lingua universale del cuore.

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