hideout

cultura dell'immagine e della parola

Malastoria d’Italia

Romanzo criminale, ultimo libro di Giancarlo De Cataldo, è ambientato in Italia in quel periodo che va dalla fine degli anni settanta all’inizio dei novanta. Sono tempi difficili, tristemente segnati da attentati e rapimenti, tra cui il caso Moro (16 marzo 1978) e la strage di Bologna (2 agosto 1980). Basato su una storia vera, il libro tratta del gruppo di malviventi conosciuto con il nome di banda della Magliana, che, grazie a leader carismatici e temerari, riesce a imporsi in poco tempo sul giro criminale di Roma. L’autore cura molto la contestualizzazione del romanzo ed espone i fatti più salienti del periodo lasciandosi però molte libertà: molte delle pagine oscure della recente storia italiana vengono così trattate in modo smaliziato, senza rendere conto di nomi e persone.

Michele Placido mette mano al romanzo scrivendo il copione con l’aiuto dello stesso autore. Il contributo è sicuramente valido vista la formazione letteraria di De Cataldo, che ha studiato in scuole di sceneggiatura. Anche nel libro sono riconoscibili alcuni aspetti tipici di una stesura cinematografica: la struttura composta da brevi capitoli, i rapidi campi di prospettiva, i dialoghi, le pause. Quello che invece certamente non deriva da un’educazione di tipo cinematografico è la smoderata estensione della trama. Il romanzo trabocca di personaggi e di eventi. Più volte si allontana dalla narrazione principale per seguire vicende laterali scarsamente importanti ai fini del racconto. L’attenzione del lettore si mantiene viva grazie alla brevità dei capitoli, al frenetico susseguirsi degli eventi e alla dinamicità del romanzo, che alterna le vicende dei vari protagonisti e delle figure secondarie. Nonostante questo però il ritmo è altalenante: a momenti di sapore epico, da brividi sulla pelle, seguono tempi votati alla noia.

La sceneggiatura di Placido, invece, malgrado la volontà di esaurire in un unico prodotto una storia che avrebbe probabilmente trovato il giusto respiro se suddivisa in più capitoli, riesce a rapire completamente lo spettatore grazie all’altissimo impatto emotivo della sua opera. I motivi di questo successo sono principalmente tre. I fatti storici raccontati riguardano infatti un passato molto prossimo, vivido nella memoria e rinvigorito da un colonna sonora ad hoc. In secondo luogo il cast, la cui splendida performance viene solo in minima parte guastata da un Accorsi inaspettatamente inespressivo e probabilmente inadatto alla parte. Dulcis in fundo l’utilizzo di immagini di repertorio: la strage di Bologna, il ritrovamento del corpo di Moro con la telefonata dei rapitori, un giovane Bruno Vespa in televisione. Sono immagini simbolo di un’epoca che emozionano tanto quanto sfogliare il vecchio, drammatico, album di famiglia.

[img4]Ed è proprio tutta questa passione evocata che offusca la mente e non permette di essere obbiettivi. Lo spettatore in un primo momento non si accorge che alcune di queste immagini che tanto lo commuovono hanno decisamente poca attinenza logica con la trama. Non nota le riprese da serial Tv e le scene in dissolvenza degne di un cinema amatoriale. Non si rende conto che la parlata ostentatamente romana, per quanto necessaria, non riesce spontanea sulla bocca di tutti. Accetta anche il poetico finale che (proprio) stona con l’armonia del film.
Alla fine delle due ore e mezza quello che rimane è la sensazione di essersi trovati davanti a un piccolo capolavoro. Solo col tempo, la riflessione renderà coscienti dei tanti piccoli difetti del film. E sarà davvero un dispiacere.

Romanzo criminale, romanzo di Giancarlo Di Cataldo, 2002
Romanzo criminale, regia di Michele Placido, 2006

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»