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Cinema da scrutare

Cinema da scrutare

Prima di tutto, una precisazione. A scanner darkly non è un film sperimentale. La tecnica del rotoscopio utilizzata da Richard Linklater e dalla sua equipe di tecnici, per quanto fuori dai canoni del classico film di fantascienza americano, è vecchia di decenni ed è correntemente utilizzata, ad esempio, dall’animazione giapponese. Quindi, anche se per ogni minuto di film sono servite cinquecento ore di postproduzione, Linklater ha scelto questa tecnica, per sua stessa ammissione, semplicemente in modo da ridurre di almeno tre volte il costo dei film, che con effetti speciali digitali sarebbe costato almeno venticinque milioni di dollari.

Con questa premessa, A scanner darkly si rivela un film decisamente interessante per i contenuti, prima che per l’estetica. A guardarne i primi cinque minuti senza sapere gli autori, non sarebbe difficile individuarne i nomi. Ci sono tutta l’eloquenza e l’amore per la parola di Linklater, e allo stesso tempo il pessimismo e le paranoie di Dick. Il regista e sceneggiatore texano ha infatti ricostruito una lettura molto fedele del testo originale, concentrando tutta la pellicola su dialoghi che, tra acute riflessioni sulla schizofrenia e surreali discorsi tra persone in preda ai fumi della sostanza M (irresistibile quello sui rapporti di una bicicletta appena comprata), sono la vera forza di un film che, più che di fantascienza, potrebbe essere definito di fantaconocienza.

Il senso di angoscia, questo sì aiutato dall’animazione che rende gli oggetti fluttuanti in un universo che non si ferma mai, è così continuamente ritmato tra momenti più profondi e altri più leggeri, risultando davvero convincente. Questo anche grazie a una scelta di attori rischiosa ma azzeccata. Il protagonista, un Keanu Reaves ormai imprigionato nel ruolo di Neo in Matrix (The matrix, Andy e Larry Wachowski, 1999), e qui in quello di un personaggio che osserva se stesso da fuori, funziona benissimo. Robert Downey Jr., Woody Harrellson e Winona Ryder, tutti e tre da poco tornati alle scene dopo vari problemi con la legge, convincono come simpatici sbandati. Soprattutto Downey Jr., di cui finalmente Hollywood è tornata ad accorgersi (in sala anche con FurFur: An Imaginary Portrait of Diane Arbus, Steven Shainberg, 2006 -, e prossimamente con A Guide to Recognizing Your Saints – id., Dito Montiel, 2006 -, applauditissimo a Venezia), fa sembrare il suo personaggio un cartone animato trasformato in persona reale piuttosto che il contrario.

Philip K. Dick, fino a quando era in vita, era considerato uno scrittore di romanzi di genere. Poi è diventato un autore pop, ora è un classico. Considerando che invece Linklater ha oggi 46 anni, speriamo di non dover attendere troppo per vedere riconosciute le capacità di un autore che, attraverso i generi, si sta confermando tra i più innovativi e concreti degli ultimi anni.

Curiosità
Una prima sceneggiatura dal romanzo di Dick era stata scritta quasi dieci anni fa da Charlie Kaufman, l’eccentrico autore di Essere John Malkovich e Se mi lasci ti cancello, ma non è poi mai stata prodotta. È però scaricabile sul sito dello sceneggiatore a questo indirizzo.

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