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Il ruggito del 3d

Il ruggito del 3d

Sembra un compito molto semplice elogiare il lavoro svolto dalla factory di John Lassester nella sua ultima fatica, Cars – Motori ruggenti, quindi appare stimolante cercare di scavare fra i fotogrammi per portare alla luce ciò che del film Pixar non ci ha entusiasmato. Sembra un compito autolesionista e in effetti vuole esserlo.
Prima mosca che salta al naso è il profondo america-centrismo che domina nel film, mitigato solamente dalla macchietta comica di Luigi, la Fiat 500 tifosa della Ferrari (doppiata da Marco della Noce). L’esaltazione di miti americani come i bolidi delle corse Nascar e la grande strada madre, la Route 66, sono centrali e difficilmente un pubblico internazionale li può apprezzare fino in fondo. Il film però funziona lo stesso… proviamo di nuovo.

Cars conferma la tendenza sempre più esplicita a creare “marchi” e “marketing”. Come nel precedente Gli Incredibili (The Incredibles, Brad Bird, 2004), dove tutto era logo, anche in Cars ogni elemento è fatto e finito per trasformarsi in una colata di plastica colorata ed essere consegnata nelle mani di un bimbo, se non pronta da inserire in un colorato e frenetico videogame da consolle per adolescenti. Ma lo sguardo del giovane pubblico è sognante e felice… non funziona nemmeno questo.
Ogni film di computer grafica cerca di dimostrare quanto veloce possano scorrere le scenografie, attraverso scene “toboga” in cui i protagonisti emulano l’analogico Indiana Jones, a tutta velocità nel ventre della terra a bordo di un carrello da miniera. Aveva inaugurato l’epoca digitale il volo di Aladino sul tappeto volante: da allora in ogni film realizzato con la tecnica 3d qualunque pretesto è buono per far aumentare la velocità (non ultimo la corsa degli Sgusci di Star Wars IStar Wars: Episode I – The Phantom Menace, George Lucas, 1999). Cars, grazie alla sua dieresi narrativa, porta all’eccesso la ricerca di velocità, spingendo a tutti gli effetti il piede sull’accelleratore (grafico) delle schede video dei computer da rendering. Quando però Saetta accetta di fare un giretto con la bella di Radiator Spring sembra di assistere a un elogio della lentezza. Gli occhi di Saetta vedono ciò che circonda la strada, facendogli scoprire che c’è altro ai lati dell’asfalto… non ci siamo ancora.
La storia è più o meno sempre quella. L’arrogante e spaccone costretto a un soggiorno forzato in una piccola cittadina di provincia (Doc Hollywood – id., Michael Caton-Jones, 1991 – con Micheal J. Fox?) dove apre gli occhi al vero valore delle cose della vita. Redenzione on the road. Ok, ma la storia è fatta di corsi e ricorsi di topos narrativi e il film scivola via che è una bellezza… proviamone un’altra.
Ok, quelli della Pixar sono bravi e lo sanno. Le continue citazioni autoreferenziali però potrebbero sembrare tentativi di auto-incensamento. Passino le gomme Lightyear di Saetta che nell’evocare una marca reale di pneumatici, citano esplicitamente il Buzz di Toy Story (id., John Lasseter, 1995). Però se riuscite a trovare dove sono i pennuti spennati, che soddisfazione! Per finire con le lacrime agli occhi quando a Radiator Spring viene finalmente aperto un cinema dove vengono proiettati niente meno che i vecchi film Pixar. Tocco di genio.

Ci ho provato. Non ci sono riuscito. Cars è perfetto nella tecnica e nella narrazione. Sembra di poter toccare ogni superficie. I caratteri dei personaggi sono studiati alla perfezione, Luigi su tutti. Il lavoro più interessante è offerto dalle soluzione adottate per creare un mondo senza esseri umani, dove le auto (poco o nulla antropomorfe) possono vivere indipendentemente. Immaginazione e fantasia ricchissima, perfezionate da pennellate malinconiche (Doc Hudson) e comiche (i trattori) che riescono ad alzare o a mitigare il tono drammatico del racconto, rendendolo avvincente e coinvolgente, nonostante sia chiaro fin dall’inizio dove voglia arrivare. Dopotutto le corse Nascar si corrono in un anello e in una sola direzione!

Per finire: non badate a chi impacchetta un film di questo calibro all’interno di fantomatiche categorie “per ragazzi”. Non ha capito nulla.

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