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cultura dell'immagine e della parola

Tre al posto di una

Cliente: Vodafone
Prodotto: Telefonia mobile
Agenzia: McCann Erickson
Regia: Acne
Direttore creativo: Milka Pogliani
Copywriter: Federica Ariagno
Art director: Giorgio Natale
Casa di produzione: Filmaster
Colonna sonora: Happy together, covercover dei Leningrad Cowboys
Anno: 2006

Non riuscivano proprio a liberarsene.
Fin dal 1999 Megan Gale è stata unica ed indiscussa testimonial della Vodafone. C’era già stato un tentativo di “deporla dal trono”, ma i suoi più accesi fans si erano ribellati e l’azienda aveva dovuto capitolare al desiderio dei più. Adesso, però, sembra giunto il momento propizio per cambiare strategia e, lavorando in sordina, Vodafone ci presenta una campagna totalmente rinnovata, depauperata della giunonica Megan.
Per carità, forse per doveri contrattuali, forse per non rischiare troppo, la bella modella rimane legata alla marca e sarà testimonial di tutte le iniziative di comunicazione e di responsabilità sociale dell’azienda. Del resto non si può dire che la bella Megan aggiungesse qualcosa di particolare agli spot Vodafone che, come tutti gli altri commercial del suo genere, non sono mai stati particolarmente creativi ed efficaci.

Ultimamente si assiste a una preoccupante omologazione dei format delle pubblicità della telefonia mobile, sempre più affidati a testimonial e a simboli divenuti ormai “luoghi comuni” (ad esempio, la presa del telefono sia per Vodafone che per Tim).
L’assurdità è che ora, invece di un solo volto per la marca ce ne sono addirittura tre ed in un unico spot; in questo modo, possiamo osservate Totti, Massimo Lopez (vecchia conoscenza di Telecom Italia) e la Cucinotta pronunciare la fatidica frase “Life is Now”.
La storia della comunicazione insegna che usare i testimonial è un’arma a doppio taglio, perché se da una parte i vip danno risonanza alla marca associandola al loro nome, dall’altra essi assorbono gran parte degli effetti promozionali e il brand finisce per rimanere nella loro ombra, rendendo vani tutti gli investimenti.
Inoltre, Vodafone è già un marchio forte e non avrebbe necessità di accostarsi a personaggi dello spettacolo o del calcio. Una riflessione maliziosa potrebbe suggerire che la compagnia agisca in questo modo perché la creatività dei suoi spot non è poi così brillante; o forse, perché invece di concentrarsi su pochi e scelti commercial ne trasmette migliaia all’anno, rendendo impossibile la buona riuscita di tutti questi.

E pensare che le intenzioni dell’azienda non sarebbero cattive.
Tramite le sue campagne, infatti, Vodafone vorrebbe diffondere la sua concezione dei servizi di telefonia come strumento per utilizzare bene il tempo, per capitalizzare attività ed esperienze. Da queste premesse si realizza la nuova strategia che associa al concetto di attenzione e cura verso il cliente – ribadito dal vecchio claim “Tutto intorno a te” -, quello di “life empowerment”, ossia il “dare una carica positiva” alla vita, arricchirla di entusiasmo e curiosità per vivere ogni momento al meglio.
Il problema è che non si possono comunicare efficacemente questi valori con una povertà così evidente di idee intelligenti, non si può affidare una campagna da migliaia di euro a simpatici testimonial per poi fargli dire: [img4]“Aò so’ cento sacchi!”, con quella cadenza romana, che sembra, ormai, divenuta la lingua nazionale degli spot di telefonia.

In questo modo si crea solo confusione, così si svalutano le buone idee che potevano esserci alla base della comunicazione.
E non si cerchi, infine, di prendere ad esempio le campagne dei concorrenti: il carabinier Persichetti (Christian de Sica) e Claudio Amendola hanno cominciato ad irritare il pubblico che, paragonato a una folla di sprovveduti bonaccioni, dovrebbe essere pronto a spendere milioni solo perché gliel’ha consigliato il personaggio famoso.
È probabile, invece, che lo stesso pubblico stia già cambiando canale.

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