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L’orfano dell’Ulisse nero

L’orfano dell’Ulisse nero

Un breve tratto di rotaie si interrompe sul binario morto dell’ex campo di concentramento di Auschwitz come nell’incipit di Notte e nebbia (Nuit et bruillard, Alain Resnais, 1955), segnando l’accesso al “thriller dell’inquietudine” di Egidio Eronico tratto dal romanzo Papà di Peter Schneider. Il regista romano evita la trappola della messa in scena teatrale, optando per una costruzione cinematografica complessa e dinamica che conferisce ritmo e suspense alla storia senza trascurare i dialoghi. Il difficile rapporto con la “paternità sospetta” rimanda alle inquietudini di Music box (id., Costantin Costa-Gravas, 1990) mentre l’ambientazione sudamericana a I ragazzi venuti dal Brasile (The boys from Brasil, Franklyn J. Schaffner, 1978). L’ombra ingombrante di Heston giganteggia su un ottimo cast, rendendo credibile un vecchio Ulisse nero dal portamento aristocratico; orgoglioso delle proprie convinzioni, Mengele lancia sguardi enigmatici verso un figlio disorientato che vuole capire per liberarsi dal “carattere ereditario”, mentre è costretto ad assistere alle surreali immagini del padre che scherza con “esemplari” di gemelli brasiliani.

Vertigine ereditaria
Eronico abbandona gli eccessi provocatori delle precedenti opere (Stesso sangue, 1988) a favore di uno stile più rigoroso in cui gli stacchi serrati, accompagnati dalle inquietanti musiche originali di Riccardo Giagni, caricano il continuo passaggio da un’immagine all’altra di un costante senso di instabilità. La macchina da presa sembra slittare, poi accelerare e infine fissarsi sull’inquadratura prescelta. La tecnica del montaggio, utilizzata anche nel romanzo attraverso l’inserto di frasi ed espressioni tratte da diari e lettere, visualizza il disorientamento e la vertigine fisica ed emozionale del protagonista sullo sfondo del clima allucinato delle favelas. Solo nel finale inquadrature più stabili annunciano il fallimento e l’accettazione del proprio destino.

Curiosità
In una scena Heston-Mengele guarda la videocassetta de La città d’oro (Die goldene stadt, Veit Harlan, 1942), film di propaganda nazista contro il popolo cieco premiato al Festival di Venezia. Gli sceneggiatori, tra cui figura anche il regista Fabio Carpi, si sono avvalsi della consulenza storica di Marcello Pezzi già utilizzata da Spielberg per Schindler’s list (id., 1993) e da Benigni per La vita è bella (1997).
Thomas Kretschmann (Hermann) ha interpretato diversi film tra cui King Kong (id., Peter Jackson, 2005) e Il pianista (The pianist, Roman Polansky, 2002).

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